Cosa resta dell’uomo in un mondo permeato di virtuale dove vita vera e vita online sembrano essere l’una lo specchio dell’altra. Forse resta poco per chi vorrebbe una vita caratterizzata dall’abitudine e dalla quotidianità, da ciò che rende una vita normale quindi noiosa.
Nel nuovo lavoro il collettivo belga Transquinquennal, in anteprima nazionale a Udine per Teatro Contatto, si interroga sul problema dell’identità e porta in scena il testo del drammaturgo argentino Rafael Spregelburd “Philip Seymour Hoffman, par exemple”. La trama offre un intreccio di tre storie a partire da quella che racconta uno scambio di identità tra un attore ad una audizione che viene creduto Seymour Hoffman. Anche la moglie a cui racconta l’accaduto lo chiama Philip e gli chiede il divorzio. La confusione che provoca l’accaduto è tale che lui non sa più chi è realmente. Anche le altre storie raccontate in qualche modo prendono le mosse dalla vita di Hoffman. In una il “vero” attore è convinto a scomparire per incassare i soldi dell’assicurazione e farsi sostitiure da un essere virtuale; nell’altra inivece un comico giapponese deve vedersela con una fan opprimente. Non si tratta di un progetto biografico sulla vita dell’attore americano ma un’analisi dei processi psicologici che il successo scatena e su come il successo altera la percezione dell’altro. Si riesce a mantenere la propria identità oppure per farsi accettare si arriva a snaturarsi adeguandosi a disegni precostitiuti oppure per riuscire a sopravvivere fingiamo di essere qualcun altro. Realtà e virtuale si mescolano in scena in un gioco di vite e di immagini proiettate su video storie apparentemente divertenti e incredibili che hanno in comune una profonda solitudine.
Che consente agli spettatori una profonda riflessione….
mtr