Se per il musicista classico una nota sbagliata è l’errore assoluto, l’aspirazione musicale per il jazzista sta proprio in quella nota differente dalla partitura, liberata con l’improvvisazione.
Scardinare le barriere e le abitudini della fruizione musicale classica, incrociandola con la contaminazione, è il punto centrale del progetto Jazz Club che mercoledì 23 maggio porterà sul palco il secondo duo della rassegna, ovvero il pianista classico Maurizio Baglini e il sassofono jazz di Javier Girotto, musicista compositore e arrangiatore di origine argentina.
Sarà il secondo appuntamento del progetto sperimentale Jazz Club, minirassegna nata con un’intenzione programmatica ed estetica ben precisa: sospendere il formalismo che spesso contraddistingue la musica classica per esporla alla contaminazione, grazie ad organici di volta in volta differenti ma sempre nella forma del duo, il cui filo conduttore rimane il pianoforte. Il tutto in una dimensione informale newyorkese, che rompe le righe dei posti a sedere in platea per portare le poltroncine sul palcoscenico, allestito a club underground, scelta particolarmente apprezzata dal pubblico mercoledì scorso nel concerto per due pianoforti.
Quello che ne uscirà sarà qualcosa di imprevedibile e di molto atteso. Come la rilettura jazz dei Quadri di un’esposizione di Mussorgskij, opera che già negli anni Settanta fu proposta in versione rock progressive da parte del gruppo Emerson Lake & Palmer.
Ma anche di uno dei “padri” della musica contemporanea, imprescindibile per lo sviluppo del Novecento, come Claude Debussy di cui verranno riproposti i Children’s Corner. Per giungere fino al pianismo assoluto di Rachmaninov. Su pagine così celebri del repertorio pianistico tradizionale, si innesteranno le composizioni di Javier Girotto, una sorta di variazione jazzistica delle partiture, cui si aggiungeranno anche sue partiture eseguite da Baglini. Più che jazz «sarà improvvisazione a tutti gli effetti – preannuncia Javier Girotto, sassofonista e tra i maggiori esponenti del repertorio argentino contemporaneo – Il mio sarà un continuo entrare e uscire dai brani di repertorio che porteremo. Un’improvvisazione che poggia assolutamente sull’analisi e sullo studio dei testi».
«Tutti i concerti si basano su un ragionamento musicologico, il fatto che il jazz è un’evoluzione novecentesca dell’improvvisazione post rinascimentale e del barocco. Il canone classico è stato superato a inizio Novecento, con Gershwin che apposta sbagliava note. Cerchiamo di dare corso alla sorpresa, compreso l’ascolto delle risonanze degli armonici di un pianoforte come il Fazioli, consentita proprio da un allestimento vicino alla dimensione del club più che della grande sala concerti» spiega Maurizio Baglini, sul palco il 23 maggio non solo come pianista ma come ideatore del progetto e curatore della Musica del Teatro Verdi. «Se il jazz ha nella propria natura l’improvvisazione, anche un musicista classico può stupire anche senza modificare le note, ma esplorando il timbro, la dinamica, il tempo. Affidandosi alla sorpresa spiazzante dei jazzisti, che si sa da dove partano ma non certo dove ti portino» conclude Baglini.
Il concerto del 23 maggio avrà inizio alle 21 con ingresso già alle 20.30 da via Roma.
I biglietti (20 euro a concerto) sono comprensivi di uno speciale drink a scelta tra un’ampia lista che spazia dal Gin Tonic Scortese, al Jazz Mule, ai cocktail made in Teatro Verdi come il Mahler e il Verdi, fino alle bibite bio e i vini a km0.
Informazioni: Biglietteria aperta dal lunedì al venerdì dalle 14.30 alle 19, sabato 10-12.30. Tel 0434 247624 – www.comunalegiuseppeverdi.it