Un grande evento alla Sinagoga di Trieste segna la ripartenza del Festival Viktor Ullmann 2018-19, l’unico rassegna che si occupa della tematica legata al rapporto tra la musica e alla Shoah.
Organizzato dall’Associazione Musica Libera di Trieste, il Festival Ullmann è infatti l’unico festival in Europa dedicato alla musica concentrazionaria (così definita perché composta nei campi di concentramento e nei ghetti), alla musica degenerata (la musica proibita nella Germania nazista e nell’Italia fascista perché ritenuta decadente e dannosa) e alla musica d’esilio. L’intento del festival è riscoprire quelle pagine musicali per far rivivere il genio creativo dei loro compositori e riflettere sulla Shoah da un diverso punto di osservazione.
Il primo appuntamento dell’edizione 2018-19 della rassegna vedrà la partecipazione dell’Orchestra “Abimà” e della Civica Orchestra di Fiati “G. Verdi” (direttore Davide Casali). In programma, in prima esecuzione assoluta, la Sinfonia n.3 op. 56 di Felix Mendelssohn Bartholdy e la Sinfonia n.1 di Alexander von Zemlinsky.
Strettamente intersecato con il festival Viktor Ullmann, torna anche la rassegna Erev/Laila in collaborazione con la Comunità Ebraica e il Museo della Comunità Ebraica di Trieste e il festival Viktor Ullmann. Il festival, giunto alla sua XII edizione, prevede quattro concerti con inizio alle ore 20.30 ospitati sulla terrazza del Museo Ebraico di Trieste di via del Monte 3. Gli spettacoli, a ingresso libero e gratuito, si svolgeranno anche in caso di pioggia in una struttura al coperto.
Si parte martedì 19 giugno con “Voci e suoni della memoria”, un concerto di musica klezmer che rappresenta un viaggio identitario che attraversa il suono dei Klezmorim per narrare della vita. Canti ebraici e dei Balcani dall’antichità ad oggi, dal Medioriente all’Occidente eseguiti dai Ben Ardut: Delilah Gutman, Filippo Dionigi, Federico Tassani e Ivan Barbari.
Giovedì 21 giugno in una Serata di musica e letteratura si terrà la presentazione del libro di Adam Smulevich “Presidenti” sulle vicende di tre presidenti di altrettante squadre di calcio italiane (e Roma) durante la Shoah.
Martedì 26 giugno, in collaborazione con il conservatorio di Milano, si terrà un Concerto di musica ebraica “Proibita” (di autori come Nathan, Joachim, Brahms, Mahler, Martinu, Milhaud, Sonnenfeld e Muczinsky) con il Gruppo Ferramonti formato da giovani musicisti allievi o recentemente laureati del Conservatorio di Milano, coordinati Simonetta Heger, docente responsabile dello Spazio della Memoria Musicale.
A chiudere, giovedì 28 giugno, l’operetta “La Principessa sella Czarda”, il capolavoro di Emmerich Kálmán nell’allestimento da camera della Compagnia FuoriOpera diretto da Andrea Gottfried.
Il Festival Viktor Ullmann si svolge con il contribuito di Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e Unione delle ComunitàI Ebraiche taliane e in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste.
Erev/Laila si svolge con il contribuito di Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste e il Museo della Comunità Ebraica di Trieste Carlo e Vera Wagner.
Evento Facebook: https://www.facebook.com/events/203646450460051/
FESTIVAL VIKTOR ULLMANN
alla scoperta della musica classica degenerata, concentrazionaria e dell’esilio
Domenica 17 giugno 2018 – ore 20.30 Sinagoga via San Francesco, 19 – Trieste
CONCERTO
ORCHESTRA “ABIMÀ”
CIVICA ORCHESTRA DI FIATI “G. VERDI”
DAVIDE CASALI, direttore
Sinfonia n.3 op. 56 – Felix Mendelssohn Bartholdy
Sinfonia n.1 – Alexander von Zemlinsky
in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste
ingresso libero
Direzione artistica Davide Casali
Direzione operativa Luisa Franco
Direzione storico/scientifica Alessandro Carrieri
Informazioni sul sito www.festivalviktorullmann.com
EREV/LAILA NUOVE TRACCE VERSO GERUSALEMME XII EDIZIONE
CONCERTI: 19-21-26-28 GIUGNO 2018 ORE 20.30 INGRESSO GRATUITO
MARTEDÌ 19 GIUGNO
Canti ebraici e dei Balcani dall’antichità ad oggi, dal Medioriente all’Occidente. Un viaggio identitario che attraversa il suono dei Klezmorim per narrare della vita con i Ben Ardut: Delilah Gutman, voce cantata e narrata; Filippo Dionigi, clarinetto; Federico Tassani, euphonium baritono e Ivan Barbari, fisarmonica.
GIOVEDÌ 21GIUGNO
Serata di musica e letteratura: presentazione del libro “Presidenti” di Adam Smulevich. Le storie scomode dei fondatori delle squadre di calcio di Casale, Napoli e Roma. Presenta Rav Ariel Haddad.
MARTEDÌ 26 GIUGNO
Concerto di musica ebraica “Proibita” con allievi del Conservatorio di Milano coordinati dal Maestro Simonetta Heger. Musiche di Nathan, Joachim, Brahms, Mahler, Martinu, Milhaud, Sonnenfeld e Muczinsky.
GIOVEDÌ 28 GIUGNO
Serata all’opera con “LA PRINCIPESSA DELLA CZARDA” il capolavoro di Emmerich Kàlmàn. Dirige Andrea Gottfried.
TERRAZZA DEL MUSEO DELLA COMUNITÀ EBRAICA Via del Monte, 3 – Trieste
Per info: www.musicalibera.it/ www.triestebraica.it / Cell. 340 0813203
Con cortese preghiera di pubblicazione/diffusione.
Le schede degli spettacoli
19 giugno “Voci e suoni della memoria” – Concerto dei BEN ARDUT
DAL MEDITERRANEO ALL’EUROPA
Canti ebraici e dei Balcani dall’antichità ad oggi, dal Medioriente all’Occidente.
Un viaggio identitario che attraversa il suono dei Klezmorim per narrare della vita.
BEN ARDUT
Delilah Gutman, voce cantata e narrata
Filippo Dionigi, clarinetto
Federico Tassani, euphonium baritono
Ivan Barbari, fisarmonica
L’Italia è culla della comunità ebraica più antica in Europa. “Voci e suoni della memoria” narra di
questa dimensione percorrendo un viaggio intorno alla tradizione dei Klezmorim e del suo incontro
con la musica dei Balcani. Dalla millenaria tradizione yemenita presente in canti come Love Song,
attraverso quella sefardita di Ochos Kandelikas e Hijia Kerida” per stare tra i niggun e i canti yiddish della cultura klezmer e lasciarsi condurre ai giorni nostri con i canti tra i più popolari della Terra d’Israele, del Mediterraneo e dei Balcani.
Nell’ambito di una narrazione, dove la parola parlata si incontra con la parola cantata, emergono voci e suoni dal Mediterraneo all’Europa, che suggeriscono il ritratto di una terra dove le culture si sono
da sempre incontrate, scontrate e integrate, originando talvolta miti e nuovi repertori musicali.
21 giugno Presentazione del libro “Presidenti” di Adam Smulevich
L’effetto delle leggi razziali sul mondo del calcio fu a dir poco devastante. Si tratta di un capitolo poco approfondito e invece ricco di spunti per comprendere la portata di quell’infamia a un livello più ampio. In vita o in memoria, alcuni tra i principali protagonisti di quegli anni furono privati dei loro incarichi e messi in un angolo. Ebrei orgogliosi di esserlo, ebrei sull’orlo dell’assimilazione, ebrei d’origine ma ormai cattolici da tempo. Non fu fatta distinzione, tutti finirono nel tritacarne (mediatico e non solo). In vista dell’ottantesimo anniversario delle Leggi della vergogna, annunciate da Mussolini in piazza Unità d’Italia a Trieste il 18 settembre del 1938, questo libro si propone di gettare nuova luce su tre figure particolarmente significative: Raffaele Jaffe, Giorgio Ascarelli, Renato Sacerdoti. I loro destini seguono traiettorie diverse, eppure possono essere compresi in una comune narrazione.
26 giugno Concerto di musica ebraica “Proibita” – Gruppo Ferramonti
VERBOTEN! Parola d’ordine: proibire
Su due cartelli che durante il periodo nazista erano obbligatoriamente appesi nei locali pubblici tedeschi, a firma Reichskulturkammer – Camera per la cultura del Reich, si leggeva: “Verbot das Nigger Jazz” – proibito il Jazz dei Negri e “Swing tanzen verboten” – è proibito ballare lo Swing.
Questi cartelli erano però solo la punta dell’iceberg della proibizione e della demonizzazione della cultura estranea all’ideologia nazionalsocialista, che rendeva oggetto di odio e vilipendio qualsiasi manifestazione artistica non conforme ai rigidi dettami della dittatura hitleriana.
– Iniziò tutto il 10 maggio 1933…. Quattro mesi prima Hitler era stato nominato cancelliere, a Berlino stava per aver luogo uno dei tanti roghi di libri, così diffusi in quel periodo…….
A quasi mezzanotte nella piazza del Teatro, Opernplatz, Goebbels, ministro della propaganda nazista è presente e tiene un discorso:
“Miei compagni studenti, uomini e donne tedeschi, l’era dell’esagerato intellettualismo ebraico è ora alla fine. Il futuro uomo tedesco non sarà solo un uomo di libri, ma piuttosto un uomo di carattere, ed è a questo fine che vogliamo educarvi”.
E l’8 maggio, pochi giorni prima, il giornale nazista “Volkischer Beobachter” aveva pubblicato un elenco dei libri messi all’indice ed è chiarissimo che l’ordine era quello di distruggere:
alle fiamme gli scritti di Marx e di Kautsky….
alle fiamme gli scritti di Friedrich Wilhelm Förster….
alle fiamme gli scritti di Heinrich Mann, Ernst Gläser e Erich Kästner.
alle fiamme gli scritti di Erich Maria Remarque….
alle fiamme gli scritti di Freud…
Tutta l’attività intellettuale, quindi anche quella musicale, veniva regolata attraverso la Camera per la cultura del Reich, che altro non era che la longa manus del ministro Goebbels. Questa “Camera” metteva al bando chiunque fosse contrario o poco incline al nazismo, oppure considerato indesiderabile, inaffidabile e pericoloso, prima di tutto gli ebrei.
La politica musicale nazista si scagliò quindi contro la corrente del cosiddetto “Musikbolschevismus”, la parte musicale del “Kulturbolschevismus”, che comprendeva musica “estranea alla razza” e musica avanguardistica e modernista.
Alfred Rosenberg, il teorico nazista dell’antisemitismo musicale, avanza motivazioni teoriche di questo tipo:
” tutta l’arte ebraica è pura abilità tecnica” o “soggettiva stimolazione di sentimenti” cioè “priva di interiorità”; e su questa scia stabilisce che il meglio di Mendelssohn è puramente tecnica e forma, che
Mahler usa il gigantismo sinfonico per mascherare la mancanza di genialità, di capacità creativa, per mancanza di “coesione razziale”, che l’estraneità al carattere europeo ha spinto “l’intero giudaismo a farsi promotore in tutti i campi dell’arte dei negri” e ciò, s’intende, è degradazione razziale e morale!!!!
Per contro, l’arte germanico- nordica è pervasa dal mistero di interiorità, di profondità spirituale e razzistica e il suo culmine è Wagner, punto di riferimento del pensiero musicale nazionalsocialista. Del resto, è proprio da Wagner e dal suo libello “Das Judentum in der Musik” che derivano gran parte delle aberranti teorie sull’incapacità ebraica di creare buona musica.
Naturalmente anche Goebbels dà il suo contributo a questa pseudoscienza dilettantistica, visionaria e criminogena: “l’essenza della musica germanico- nordica è la melodia…… quindi essa non è programma, teoria, sperimentazione, o costruzione… questa musica ha origine dalle profondità della razza e ai figli di tale razza è destinata la gestione dei valori musicali del popolo”.
La parola chiave diventa, dopo la mortificazione e la proibizione, l’epurazione.
Musicisti, compositori, interpreti ebrei o di origine ebraica sono i primi obiettivi delle persecuzioni razziali naziste in ambito musicale, ma le persecuzioni avvengono anche nei confronti delle altre culture musicali “estranee alla razza”, quindi il jazz, in quanto musica nera e espressione di opposizione all’“ordine”, e la musica atonale, dal momento che l’atonalità è principio musicale e politico di contestazione e infrangimento delle regole.
Dal 30 gennaio 1933 i musicisti ebrei non possono più avere un pubblico: la loro opera è mortificata entro ristretti circoli di soli artisti “giudei” associati sotto l’egida del Kulturbund Deutsche Juden, perché la musica e la cultura non conformate fanno paura e vanno segregate; molti musicisti sono costretti a emigrare, per sfuggire alle persecuzioni.
Nel 1937 a Monaco viene realizzata una mostra riguardante le arti figurative, dal titolo “Entartete Kunst”, arte degenerata; vengono esposte numerose opere di artisti considerati “di razze inferiori”, o appartenenti a correnti innovative e d’avanguardia, non accettabili dalla “razza superiore ariana”. Tra gli artisti messi al bando ci furono Kokoschka, Grosz, Cézanne, Van Gogh, Gauguin, Matisse, Picasso.
Un anno dopo Dusseldorf è la sede dei Reichsmusiktage, le “giornate della musica del Reich”, nelle quali il pubblico tedesco può essere ulteriormente indottrinato sulle differenze tra musica “generata”ovvero “conforme allo spirito tedesco”, e “degenerata”, ovvero “estranea alla razza”.
All’interno dei Reichsmusiktage viene allestita dai musicologi del regime Ziegler e Sixt la mostra “Entartete Musik” (“Musica degenerata”). Il manifesto della mostra e la copertina del relativo catalogo esibiscono la figura deformata di un sassofonista di colore in frack e cilindro, con una stella gialla sul bavero della giacca e un orecchino al lobo: in tale immagine risultano sinteticamente fuse le comunità degli ebrei, dei neri, dei rom e della nuova società borghese, considerate dai nazisti le peggiori componenti dei “nemici del Reich”.
Le persecuzioni in ambito musicale non risparmiarono poi i territori dell’Europa occidentale occupati dai nazisti: una gigantesca operazione di confisca viene effettuata dal Terzo Reich durante tutta la Seconda Guerra Mondiale, e sono centinaia di migliaia i libri di musica, gli strumenti musicali, manoscritti, spartiti, partiture, e altri oggetti appartenenti a ebrei o ad altri “nemici del Reich” trasferiti forzatamente in Germania. L’organizzazione che si occupò delle confische a partire dal 1940 è l’Einsatzstab Reichsleiter Rosenberg (ERR), fondata appunto da Rosenberg, e nello specifico la sezione definita Sonderstab Musik…
A subirne i soprusi furono anche personalità musicali importanti, come la clavicembalista ebrea Wanda Landowska, emigrata negli Stati Uniti insieme alla sua segretaria Denise Restout, alla quale furono requisiti i circa 10.000 libri della sua biblioteca musicale, e il compositore ebreo Darius Milhaud assieme alla moglie, anch’essi emigrati negli Stati Uniti durante l’avanzata nazista.
Fania Fénelon e Primo Levi testimoniano poi l’uso estremo della musica nei campi di sterminio: secondo il volere dei carnefici l’ingresso dei deportati doveva essere accompagnato da musiche di autori “ariani”, che gli altri prigionieri sono costretti a suonare. Paradossalmente, questo fatto contravveniva alle stesse leggi naziste: infatti, esse vietavano l’esecuzione di musiche “ariane” agli “impuri di sangue”.
Altrettanto contraddittoria era l’abitudine di far tenere regolarmente concerti di prigionieri per le SS e gli ufficiali nazisti, che ascoltavano anche complessi jazz, come i Ghetto–Swingers di Theresienstadt, quasi tutti succesivamente uccisi ad Auschwitz.
Parallelamente alle persecuzioni e allo sterminio di massa dei non conformati, il regime nazista usa l’estetica musicale all’interno del Reich fondamentalmente con il fine di addomesticare le masse e asservirle agli scopi bellici del regime. Viene fatto uso e abuso di Wagner, Beethoven, Bruckner e Bach…. –
Da questa presentazione storica, redatta qualche anno fa per uno dei concerti dello “Spazio della Memoria” da uno degli studenti del Liceo del Conservatorio di Milano, risulta chiaro il percorso che segue il programma del concerto odierno: la nostra storia racconta di musica proibita, perseguitata, derisa, incenerita, messa al bando, ma anche di musica che si è salvata, che è sempre qui per noi, per darci momenti di bellezza a dispetto di tutti quelli che avrebbero voluto che tacesse per sempre.
Tutti gli autori in programma, tranne Brahms, qui inserito per la sua profonda amicizia con Joachim cui dedicò i lied op.91, sono stati considerati da eliminare, o perseguitati direttamente, vuoi per l’appartenenza diretta all’ebraismo vuoi per la scelta di testi e stilemi considerati degenerati come nel caso di Martinu.
Abbiamo però scelto anche dei compositori che pur avendo avuto la vita cambiata e stravolta dalle leggi razziali, dalla guerra e dalla persecuzione, sono riusciti a sopravvivere, e a continuare a comporre: Milhaud e Martinu trovarono rifugio di là dell’Atlantico, Muczinski vi nacque da genitori fuggiti ai pogrom e Kurt Sonnenfeld si salvò perché ebbe la fortuna di fuggire in Italia e di essere internato a Ferramonti Tarsia.
Ferramonti in Calabria è stato il più grande campo di concentramento per ebrei in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale. Molti deportati, tra gli oltre duemila internati provenienti principalmente dall’Austria e dalla Germania, erano musicisti professionisti. E la musica, nel lontano Lager calabrese, fu uno dei pochi mezzi per tenere viva la speranza. Come a Dachau, a Buchenwald, ad Auschwitz, anche a Ferramonti si faceva musica. Ma ben diverso era il contesto: il campo di internamento di Ferramonti non era un lager, e rappresenta quasi un unicum nel panorama concentrazionario. La vita a Ferramonti era disagevole, promiscua, tormentata dalla fame e dalla mancanza di libertà, ma non vi fu nessuna violenza verso gli internati, si instaurò una continua collaborazione con la popolazione circostante, fu data la possibilità di vivere una vita familiare, di organizzare scuole per i bambini, di avere cure mediche, di fare musica non per obbligo ma per volontà, c’era perfino una sinagoga… un sogno, se paragonato a quanto sappiamo avvenne altrove.
Un concerto dedicato a Ferramonti Tarsia non solo mette in luce questo aspetto non sempre conosciuto della galassia concentrazionaria, ma riunisce insieme la Memoria della Shoah e il ricordo dei Giusti: Giusto certamente fu il comandante del campo, Paolo Salvatore, che non applicò mai le regole dettate dal regime nella conduzione del campo permettendo agli internati una vita dignitosa seppur faticosa e priva della libertà. Giusti furono gli abitanti del luogo che nascosero i prigionieri all’approssimarsi delle colonne di Goering; giusti furono i funzionari che dai Balcani mandavano gli ebrei al campo di internamento in Italia invece di avviarli verso la Germania.
Uno dei musicisti più attivi a Ferramonti fu appunto il giovane Kurt Sonnenfeld: allievo a Vienna del celebre compositore Edmund Eysler, dovette interrompere gli studi, abbandonare i genitori che non rivedrà più, e fuggire in Italia non ancora diciottenne, dopo che per ben due volte era riuscito a sottrarsi all’arresto da parte delle SS. Raggiunta Milano nel luglio del 1939, sembra che abbia studiato con Guido Alberto Fano, che già era stato destituito dall’insegnamento al Conservatorio di Milano dopo la promulgazione delle leggi razziali. Come ebreo straniero fu arrestato dai fascisti e trasferito nel campo di Ferramonti nel febbraio del 1941, dopo tre settimane di detenzione nel carcere di San Vittore. Liberato dalla prigionia nel 1943, rientrò fortunosamente a Milano dove lavorò e visse fino alla sua morte, avvenuta nel 1997.
Il Quartetto Liliput di Kurt Sonnenfeld è stato eseguito il 28 gennaio a Roma nell’ambito dei concerti del Quirinale dal Quartetto Antonelliano, formato da giovani strumentisti dell’OSN Rai e trasmesso in diretta radiofonica.
GRUPPO FERRAMONTI
Il Gruppo Ferramonti è formato da giovani musicisti tuttora allievi o recentemente laureati del Conservatorio di Milano, coordinati Simonetta Heger, docente responsabile dello Spazio della Memoria Musicale. Vantano un curriculum di studi e di concerti già nutrito, sia in ambito dei concerti del Conservatorio sia a livello personale. Il concerto odierno, così come quelli al Museo del Campo di Ferramonti Tarsia rientra nel progetto “Wir treffen uns am Schluss – ci ritroviamo alla fine”, iniziato nel 2016, che ha compreso concerti a Milano, Borgo San Dalmazzo, Vercelli, Torino, Cosenza e Ferramonti, nonché il convegno organizzato nel foyer della sala Verdi il 1 giugno 2016, con la partecipazione dei più noti studiosi della materia a livello europeo. Lo Spazio della Memoria del Conservatorio di Milano continua così la sua opera di catalogazione e divulgazione della “Musica Perseguitata” e la collaborazione con il Museo del campo di Ferramonti Tarsia.
28 giugno “La Principessa della Czarda” – Compagnia FuoriOpera
LA PRINCIPESSA DELLA CZARDA
Il capolavoro di Emmerich Kalman prende nuova forma nell’allestimento da camera della Compagnia FuoriOpera.
Il principe Edvino ama la bella cantante dell’Orpheum, Silva Varescu, ma naturalmente la sua nobile condizione impedisce il matrimonio tra i due.
Per troncare ogni rapporto la famiglia lo richiama a Vienna e lo convince a sposare sua cugina Stasi mentre Silvia parte per una tournee a New York in compagnia dell’amico del principe, il conte Boni. Al suo rientro dall’America Silva, saputo di Edvino e Stasi, si presenta alla loro festa di fidanzamento e…
La storia dell’amore contrastato di Silva e Edvino fa da filo conduttore a splendide melodie dal sapore mitteleuropeo. Messa in scena a cura di Altea Pivetta con la direzione musicale di Andrea Gottfried.
La Principessa della Czarda operetta di Leo Stein e Bela Jenbach musica di Emmerich Kálmán
Personaggi e interpreti:
Edvino Carlo, Fabio Midolo
Conte Boni Canscianu, Massimiliano Costantino
Silva Varescu, Altea Pivetta
pianoforte e concertazione, Andrea Deutsch Gottfried
regia e allestimento – Altea Pivetta
Andrea Forliano