“Lampedusa Beach” racconta la tragedia della nostra realtà quotidiana. Un bellissimo monologo sull’emigrazione clandestina. La storia del naufragio di Shauba, una giovane africana che, mentre il corpo sprofonda negli abissi al largo di Lampedusa, con altri 700 clandestini (già tutti cadaveri), trova il modo di raccontare il naufragio, la paura, l’Africa, la sua e la nostra ignoranza in tema di emigrazioni. Rievoca boccheggiando, in quegli attimi eterni, i momenti di quel viaggio epico dalle raccomandazioni dell’amata zia Mahama, alla crudeltà degli scafisti che, mentre cercano di violentarla fanno rovesciare la scialuppa. E con quel suo primordiale rapporto con l’acqua, parla con i pesci, si rivolge a Dio, fa un appello al Capo dello Stato italiano e al Capo dello Stato d’Africa, crede infine di essere arrivata a Lampedusa accogliente, balneare e sogna un giorno di invertire il percorso, da Lampedusa verso l’Africa. Scrive nelle note di regia l’autrice “La visione di un mondo “rivoltato” trasforma la fine di Shauba in un evento rivoluzionario. Il suo atto finale è dunque politico. Chiama in causa il pubblico e la sua coscienza. Riduce a zero la distanza tra il possibile e l’impossibile”.
Lampedusa Beach è il primo dei tre testi che compongono la Trilogia del naufragio di Lina Prosa. scrittrice e drammaturga siciliana che, a valere del detto nemo profeta in patria, è da noi conosciuta solo dagli addetti ai lavori mentre è molto apprezzata in Francia dove la Trilogia del Naufragio è già stata messa in scena alla Comèdie Francaise.
Scritto nel 2003 è stato prodotto e messo in scena nel 2013, a Parigi, dalla Comédie-Française. Si tratta di un intenso monologo sull’emigrazione clandestina, la testimonianza di Shauba, una giovane africana naufragata al largo di Lampedusa. Inghiottita dal mare, racconta la sua esperienza: il sogno di una vita migliore, l’ingiustizia del mondo, ma anche il suo rapporto primordiale con l’acqua, con la sua identità mediterranea. “Il tempo della discesa del corpo negli abissi coincide con il tempo della scrittura”, spiega Lina Prosa. “La parola annegata di Shauba dà vita a un’odissea sott’acqua in cui la fine, l’arrivo al fondo, è un respiro lungo elevato a racconto”.
Info:www.miela.it
Andrea Forliano