PORDENONE – C’è tutta la magia dell’immagine e tutta l’avventura della sua “spettacolarizzazione” nella mostra: “Il giorno e la notte. Dal vedutismo al cinema muto”, inaugurata sabato pomeriggio alla Galleria Sagittaria di Pordenone, dove resterà visitabile fino al 13 ottobre.
Il progetto, promosso dal Centro Iniziative Culturali Pordenone in collaborazione conLa Fabbrica del Vedere, è curato da Carlo Montanaro e Giancarlo Pauletto e attinge il suo affascinante percorso espositivo dal caleidoscopico Archivio Carlo Montanaro. In mostra il pubblico troverà acqueforti, cromoliti, albumine, imbibizioni e viraggi, ma anche oggetti come la camera ottica, “mondo novo (o niovo)” e il megaletoscopio, che ci accompagnerà attraverso una immaginifica “filiera”, sino alle soglie della magia del cinema muto. Lamostra, realizzata in collaborazione con Le Giornate del Cinema Muto, ha il sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e di Fondazione Friuli, sarà visitabile gratuitamente dal martedì alla domenica, dalle 16.00 alle 19.00. Ingresso libero. In Galleria il catalogo della mostra, con un intervento di Giovanni Montanaro. Attivabili a richiesta le visite guidate per gruppi e scuole. Info CICP tel.0434.553205www.centroculturapordenone.it
«Grazie alla collaborazione con Carlo Montanaro proponiamo una mostra che gli appassionati certamente apprezzeranno – spiega la presidente CICP Maria Francesca Vassallo – perché si va da una grande Veduta del Prato della Valle di Canaletto, strepitosa testimonianza del vedutismo veneziano, a vedute d’ottica di grande impatto visivo, a splendide fotografie ottocentesche, a oggetti ottici di rarissima reperibilità, il tutto precisamente specificato in un prezioso catalogo a cura del Collezionista». «I grandi artisti e vedutisti veneti, a cominciare da Canaletto – racconta Carlo Montanaro – non solo dipingevano ma anche incidevano paesaggi e scorci urbani delle città allora conosciute, che artigiani meno illustri e capaci copiavano o reinventavano in alte tirature. E finalmente, da una matrice, si cominciava a realizzare copie. Acqueforti che poi, nelle mani di fantasiosi e loquaci intrattenitori, dopo essere state colorate e traforate, e inserite in apparecchiature dotate di lenti d’ingrandimento, potevano essere illuminate dal davanti oppure per trasparenza, ottenendo l’effetto luministico del passaggio dal giorno alla notte. Ecco allora le immagini piuttosto verosimili, realizzate con l’ausilio della camera oscura, uno strumento per prendere appunti, da riportare poi nel proprio atelier. Ed ecco la prospettiva resa automatica dall’utilizzo delle lenti, riletta tramite un ulteriore sistema ottico che la rendeva quasi tridimensionale. Dalle acqueforti, semplificando il procedimento di stampa, si giunge alle meno costose cromolito, dotate di un supporto semitrasparente, per immagini da inserire in maneggevoli apparecchietti-giocattolo. E poi ancora le fotografie in bianco&nero, a loro volta colorate posteriormente e inserite: è accaduto per la prima volta a Venezia nel 1864, con l’ottico Carlo Ponti, nel “Megaletoscopio”, per simulare, con il cambio dell’illuminazione, il passaggio giorno/notte. Come presto accadrà nel visore per le immagini 3D, nel frattempo commercializzato, sempre a partire dagli anni ’60 dell’800. Il “chiaro di luna” trasfigura, con Carlo Naya, a Venezia, i paesaggi più diversi in rappresentazioni tra il romantico e il fiabesco: anche le immagini del “mondo novo” si adegueranno, aiutate dalla tecnica della “dissolvenza incrociata” nel buio della sala da proiezione. E i colori uniformi saranno poi alla base dei racconti del cinema muto …».
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