Martedì scorso un efferato triplice omicidio è stato commesso nelle zone di Desusino, territorio facente parte del comune di Butera a stretto confine con quello di Licata che fa parte della provincia di Agrigento, ma che nulla a che vedere con il territorio di Gela.
Gli inquirenti sono ancora al vaglio delle persone che avrebbero potuto commettere questo increscioso delitto: una pioggia di proiettili che ha ucciso sul colpo Giuseppa Carlino di 45 anni, del marito, Filippo Militano di 52 e del figlio della coppia, Salvatore Militano di 13 anni. Si pensa che si tratti di antichi dissidi tra agricoltori per la proprietà della terra. Gli investigatori avrebbero ristretto il cerchio proprio al bracciante agricolo che ha appezzamenti terrieri confinanti con la famiglia Militano e che, per coincidenza, sarebbe sparito in questi ultimi giorni da Licata. La famiglia freddata, risulterebbe dalla comunità locale come gente onesta che lavorava i campi ed esente da ogni pettegolezzo popolare.
Martedì sui giornali a tiratura nazionale, e sui principali notiziari televisivi, la notizia riportata è stata: “triplice omicidio avvenuto nelle campagne della città di Gela”. La comunità gelese è rimasta profondamente indignata, proprio perché il delitto non è stato commesso nel loro territorio e dato che Gela è “famosa” per il suo rapporto con le cosche mafiose, i titoli dei notiziari hanno fatto da eco ad una eventuale strage mafiosa. Invece nulla di tutto ciò: né di mafia, né il delitto è stato commesso a Gela. E’ vero che le forze dell’ordine accorse sono state quelle del distretto di Gela, ma solo perché comune più grande delle zone limitrofe a dove sono successi i fatti e che magari ha maggiori mezzi a disposizione per effettuare le indagini.
Si ha avuto a che fare con il classico comportamento del farsi la nomina. Un detto gelese dice: “fatti a nomna e va curchiti” ( fatti il nome, e dormi sogni tranquilli), ed ahimè Gela la nomina se l’è fatta negli anni passati come città mafiosa, città dedita al crimine, città la cui proprietà apparteneva alle famiglie mafiose. Adesso però il vento è cambiato; Gela è una città che tutt’ora sta pagando ad alto prezzo le stragi, gli scempi territoriali e ambientali, ed i suoi abitanti cercano di riprendersela. Ma chi deve riprendersela se i giovani sono condannati a cercare lavoro fuori dal loro territorio d’appartenenza, dove le possibilità lavorative sono ridotte, se non nulle, dove gli oltraggi ambientali compiuti dal petrolchimico la rendono città ad alto rischio tumorale.
Mi chiedo se dopo tutte queste avversità, è giusto martoriare e diffamare ancora la comunità lavoratrice ed onesta della città di Gela, solo perché fa più notizia associare Gela ad un delitto? Solo perché è più facile giustificare la notizia ( tanto è avvenuta a Gela)?
La gente onesta è stufa di sentirsi additata come facente parte della radice marcia dell’Italia, di quel vagone che non viene spinto ma trascinato.
Gela con molta fatica cerca di cambiare, ma diamogli fiducia e non abbandoniamola a se stessa.
© Riproduzione riservata
bravo bell’articolo, ogni tanto fa bene puntualizzare. Angela