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Tales from the Loop – Recensione dell’ultima serie prodotta dagli Amazon Studios

Tales from the Loop – Recensione dell’ultima serie prodotta dagli Amazon Studios

Tales from the Loop

La storia raccontata da questa serie è ambientata in una cittadina della provincia americana negli anni Ottanta, che ospita un misterioso centro di ricerca, nel quale avvengono esperimenti circondati dal massimo riserbo, destinati ad avere un impatto pesante su molti dei suoi abitanti.

Riassunto così, il racconto sembrerebbe la fotocopia di quello di Stanger Things, serie di Netflix che ha riscosso un successo clamoroso, e che è già arrivata alla sua terza edizione.

In realtà le differenze tra Stranger Things e Tales from the Loop sono sostanziali, anche se entrambe possono essere classificate nel genere fantascientifico. La serie di Neftlix è una accattivante storia di azione, che vede un gruppo di ragazzi lottare contro un mostro proveniente da un universo parallelo. Quella proposta dagli Amazon Studios ha un ritmo molto più lento e una struttura molto più frammentata, divisa in otto episodi autonomi, che hanno in comune molti personaggi, di cui si può seguire l’evoluzione nel tempo. Una serie che privilegia il non detto e mette al centro gli esseri umani, utilizzando un repertorio visivo ammaliante. Un quadro del tutto differente da quello dipinto da Stanger Things.

Tales from the Loop: una rappresentazione alternativa dell’America degli anni Ottanta

The Loop è il nome di un misterioso centro di ricerca sotterraneo, costruito sotto una cittadina statunitense, che dà lavoro a molti dei suoi abitanti. Gli studi ruotano intorno a una enigmatica sfera pulsante, che levita in una stanza super-protetta, della cui natura poco o niente viene spiegato.

La sua attività ha effetti incredibili sugli abitanti della cittadina, nella quale accadono fatti razionalmente inspiegabili, per lo più legati ad alterazioni dello spazio-tempo. Tuttavia non c’è (quasi) nessun mostro in agguato nell’ombra, contro cui combattere, e i momenti di paura si contano veramente sulle dita di una mano, a differenza di quanto accade in Stranger Things.

La fantascienza in questa serie non è al servizio dell’azione, ma è un pretesto per creare situazioni nelle quali gli individui vengono messi alla prova come esseri umani, nei loro rapporti interpersonali, a cominciare da quelli familiari.

Ogni episodio getta una luce sulla vita personale di uno o più personaggi, molti dei quali diventano comparse, o figure meno rilevanti, nelle puntate dove non sono protagonisti. Nel complesso gli otto episodi in cui si articola questa prima stagione aprono una finestra sulla vita di diverse famiglie nel corso di un lungo periodo attorno agli anni Ottanta.

Le ellissi temporali sono notevoli, grazie anche agli inesplicabili fenomeni di alterazione dello spazio-tempo che l’enigmatica attività del centro provoca.

In questa serie viene mostrato molto, ma spiegato poco. Per esempio, nelle campagne che circondano la cittadina si aggirano robot e strutture dallo scopo ignoto, ma nessuno sembra farci caso. Così come viene dato per scontato l’utilizzo di arti artificiali straordinariamente sofisticati, impensabili anche al giorno d’oggi.

La serie è quindi ambientata in una versione alternativa dell’America degli anni Ottanta, che rimane tuttavia riconoscibile osservando le autovetture, lo stile dei vestiti, delle abitazioni e degli arredamenti.

Tales from the Loop: una scenografia affascinante basata sulle opere di Simon Stalenhag

Forse l’aspetto più intrigante di questa serie è la dimensione visiva, che si ispira dichiaratamente alle opere di Simon Stalenhg. I vari personaggi si muovono nella periferia di una cittadina perfettamente integrata nella natura che la circonda.

I boschi e i campi trasudano mistero e sono carichi di suggestioni, possono rendere inquieti ma raramente terrorizzano chi li attraversa, e chi li guarda comodamente seduto sul divano di casa sua.

Immersi nel verde ci sono diversi manufatti che derivano dall’attività del misterioso centro di ricerca. Poco o nulla ci viene rivelato sul perché siano lì o per quale motivo siano stati costruiti e poi scartati, ma è proprio interagendo con essi che i protagonisti attivano il meccanismo narrativo dei vari episodi.

In Tales from the Loop è però difficile vedere una cesura tra natura e cultura, perché questi due aspetti sono fusi in un insieme armonico, grazie anche all’apparato iconografico creato da Simon Stalenhag, nel quale le meraviglie della tecnologia futuribile sono solo un pretesto per indagare sulla natura dell’uomo e della sua esistenza.

Il ritmo della narrazione è molto lento, lasciando agli spettatori tutto il tempo per immergersi nelle esperienze dei protagonisti, vivere le loro suggestioni e apprezzare la bellezza degli scenari nei quali si muovono.

In questa produzione viene infatti fatto largo uso dei campi lunghi, nei quali l’uomo spesso sembra perdersi in paesaggi costellati da oggetti enigmatici, probabile metafora di un’esistenza della quale è difficile trovare un senso razionale.

Tales from the Loop: una serie di qualità per un pubblico maturo

Con questa serie gli Amazon Studios hanno dimostrato di essere in grado di realizzare prodotti di grande qualità. Tales from the Loop utilizza la fantascienza come pretesto per indagare sulla natura umana, perché le anomalie spazio-temporali che il centro di ricerca produce costringono chi li subisce ad affrontare temi molto concreti, sui quali ci interroghiamo da sempre: l’amicizia, il rapporto tra genitori e figli, la difficoltà nei rapporti tra generazioni diverse, la fugacità della vita, l’inevitabilità della vecchiaia e della morte.

Un lavoro esistenzialista nei contenuti e impressionista nella forma, il cui unico limite forse risiede nel fatto che alle volte ci si perde nelle suggestioni visive. Qualcuno potrebbe poi obiettare che non serve utilizzare la fantascienza per parlare della dimensione umana e del male di vivere che spesso ci attanaglia, ma la scelta di utilizzarla ha permesso di utilizzare un immaginario visivo dal forte impatto emotivo.

Tanto di cappello comunque, per una serie veramente originale, curata nei minimi dettagli, destinata a un pubblico maturo. Con produzioni di questo tipo le piattaforme di streaming diventano veramente competitive nei confronti del cinema, non solo sotto il profilo dei costi, ma anche della qualità.

Alessandro Marotta

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