Cosa accade nel secondo millennio? In che direzione si muove il flusso dell’umanità? Se passaggi di secolo comprendono sempre delle grandi trasformazioni storiche e di costume, scavalcare la linea di mille anni è cosa di molte misure più metamorfica. Immersi nel basso medio evo di questa neonata era digitale, ci accorgiamo che siamo fatti di sangue e silicio, che siamo interdipendenti gli uni dagli altri, come stazioni radio che ricevono e trasmettono; e con stupore diveniamo consapevoli del fatto che non è possibile fare a meno degli altri. In questa stagione abbiamo comunicato a più non posso in modalità remota e con tutti i mezzi possibili. Così è successo che, durante il lock-down di questo fatidico anno 2020, ci siamo resi conto del valore della vita e abbiamo sofferto per il distanziamento e il confinamento; in molti hanno pianto la perdita – dello spazio, del tempo, di persone care – ed è divenuto chiaro che il bilancio umano non potrà mai essere comparabile a un bilancio economico. Ora, avendo chiesto all’oracolo, il sessantesimo esagramma del Libro dei Mutamenti, I King, descrive La Delimitazione come un lago prossimo a straripare e dunque, quando il contenimento è necessario, occorre stare fermi, stabilire limitazioni e misure da adottare con coscienza, e, affinché ciò si concluda con buon esito, occorre agire nel pieno disinteresse e in buona fede. L’aspetto positivo è che le barriere, così come vengono poste possono essere spostate, è questa la mossa strategica che richiede l’adeguarsi a una condizione inevitabile senza patire in eccesso. Possibilità illimitate non sono fatte per l’uomo. La pazienza si. Molto è stato detto, sulle cause e le ragioni, ma l’istinto di sopravvivenza indica che è conveniente far quadrare il cerchio per non esondare. Il Pianeta muore! Il Re muore! L’esempio dell’acqua si presta bene a ritrarre l’immagine dell’umanità di tutti i tempi, pervasiva massa vivente che si muove in reticoli di relazioni, giunge ovunque, è mutevole nel mostrarsi, eppure, limpida o torbida che sia, non smentisce la natura che l’accomuna dall’inizio dei tempi. Per fortuna, se la coscienza è viva, l’amore dovrebbe vincere su tutto il resto. Viene da domandarsi quanto fossimo più liberi “prima”, quando correvamo tutto il giorno dietro al vento della società dei consumi. O forse, dopo aver vissuto un’esperienza collettiva col nemico invisibile sulla porta di casa, avendo assieme fatto tesoro del comune bene, sarebbe opportuno trovare tempo per cercare di capire le ragioni sottili di quello che accade oggi, qui e ora. Occorre ripensare il modello di società in cui viviamo riempiendo il vuoto dell’incomunicabilità digitalizzata tra noi e gli altri, iniziando a ricucire anche il rapporto con noi stessi, noi, noi tutti, quegli stessi che finora accettavano l’inaccettabile come plausibile. Tutto questo non è giunto a caso. La pandemia è un monito a cambiare direzione. Come dicevano i Sex Pistols “no one is innocent”. Nessuno è innocente. È giunto il momento di porre nuove basi, uscendo dall’antropismo sciagurato di quest’era, restando uniti e umani, richiedendo con forza una nuova formulazione di società che abbia una visione ampia e generosa, che sia pluralistica e che equamente ripartisca quanto finora è stato sottratto, in cui siano protetti gli animali e l’ambiente al pari della specie umana.Remote Control 2020/Oltre La Delimitazione – è l’edizione 2020 di Doppio Sogno, ventennale rassegna cinematografica, con cui il teatro Galleria Toledo riapre alle attività di spettacolo nei giardini di Villa Pignatelli dal 25 giugno al 6 luglio 2020
- Mercoledì 1 luglio 2020, ore 20.30
Dal romanzo “Dracula” di Bram Stoker
interpretazione Alessandra D’Elia e Stefano Jotti
regia Werner Herzog
con Klaus Kinskij, Bruno Ganz, Isabelle Adjani
1979 Germania Ovest/Francia Colore 107 min.
Nel 1979 l’eccellente Werner Herzog porta sugli schermi Nosferatu, in principe della notte, per il quale si affida a un cast di protagonisti drammaticamente perfetto, composto da tre attori di assoluto talento: l’incantevole Isabelle Adjani, l’incomparabile Bruno Ganz e il discusso e istrionico Klaus Kinskij, nel ruolo del conte Dracula. Tra letteratura e leggenda, evidente l’omaggio alla versione del 1922 di Murnau, da cui Kinskij attinge apertamente per interpretare la sofferenza degli immortali. In effetti il vampiro, è un prigioniero del tempo, più vulnerabile degli stessi mortali ai difetti e alle passioni della carne. Pertanto, il rimedio, come spiega il dottor Van Helsing, è un paletto conficcato nel cuore. L’”Inestinto” si sposta nella notte del tempo guidato dalla legge del desiderio, quello del sangue umano che è assieme una forma di dominio sull’altro da sé, e una pulsione diabolica tanto esplicitamente sessuata da farlo muovere dalla Transilvania fino alla città degli uomini, pur di possedere il suo oggetto bramato, in questo caso la diafana eroina Lucy. Con lui sopraggiunge anche la peste, il morbo per antonomasia, dipinta nella memorabile sequenza in cui è evidente il richiamo alla Nave dei Folli del pittore visionario Hieronymus Bosch. Verso quali lidi di insensatezza volge l’umanità stolta e cieca? Il corpo del vampirizzato è invaso attraverso le arterie e, una volta svuotato, diviene immortale, il che non determina affatto una condizione di eterna felicità ma rassomiglia piuttosto al tormento di una condanna perpetua, vera e propria maledizione ab æterno. In Azioni! gli attori Alessandra D’Elia e Stefano Jotti ci condurranno tra le iconiche pagine del romanzo di Bram Stoker.
giovedì 2 luglio, ore 21.00
l’Italia che cantava e canta
Concerto per quattro voci e due chitarre
Lello Giulivo, Gianni Lamagna, Anna Spagnuolo, Patrizia Spinosi
Michele Boné e Paolo Propoli
Un concerto a quattro voci per cantare Napoli, l’Italia, e non solo, con lo sguardo rivolto al mondo, alle passioni e le esperienze dei protagonisti. Quattro giovanissimi quando, nel 1979, si sono incontrati per la prima volta in uno spettacolo con la regia di colui che è stato il loro maestro fino alla fine degli anni ’90: Roberto De Simone. Alla sua scuola si sono formati partecipando alla gran parte degli spettacoli e delle composizioni musicali messe in scena. Poi ognuno ha percorso la sua strada con scelte personali tra musica, teatro e cinema. Il titolo “Paese Mio Bello” è ispirato da una raccolta di canzoni popolari registrate da immigrati italiani negli Stati Uniti d’America tra il 1911 e il 1939.Nel programma sono presenti tutte le note, le epoche, i generi cantati e vissuti in quarant’anni e più di attività dai quattro solisti. Un “ri-passo” di storie, emozioni, successi e delusioni condivise. Con la stessa consapevolezza cantano il ‘700 napoletano e le canzoni degli anni ’40/’50, la musica leggera, la tradizione popolare e loro composizioni.
Un concerto che sorprende ad ogni brano. Sempre in bilico tra il ricordo struggente e la voglia di innovazione, di quel nuovo che è linfa vitale per continuare a studiare e ricercare il “magico accordo” nell’armonia di quattro voci.
AZIONI!
da “Satyricon” di Gaio Petronio Arbitro interpretazione Alessandra D’Elia e Stefano Jotti |
LA GRANDE ABBUFFATA (La grande bouffe)
regia Marco Ferreri
con Ugo Tognazzi, Marcello Mastroianni, Michel Piccoli, Philip Noiret, Andrea Ferreol
1973 Francia/Italia Colore 132 min.
Presentato nel 1973 alla 26° edizione del Festival di Cannes, La Grande Bouffe suscitò uno scandalo immenso, eguagliato solo da Pasolini, due anni dopo, con Salò o le 120 giornate di Sodoma. Di certo non si può raccontare il cinema dissacrante di Marco Ferreri senza una menzione particolare a Rafael Azcona, suo sceneggiatore fin dalle opere giovanili, e agli attori prediletti Mastroianni, Noiret, Piccoli e Tognazzi, qui assolutamente superlativi. Ne La grande abbuffata, autoreclusi interno di una grande villa di Parigi, quattro amici scelgono il proprio destino e decidono di privarsi della vita, in accordo al principio dell’autodeterminazione. Per farlo scelgono la via dell’epicureismo estremo e infatti il film ci immerge in una vanitas crapulenta e abnorme, in cui i protagonisti finiscono col divenire essi stessi parte del macellato esposto, macabra cacciagione umana. La Gola è il peccato capitale di cui qui si narra: nel film si gozzoviglia cibo crudele, tra lame di coltelli, interiora e grasso animale, intingoli e unto; si copula sesso orgiastico consumato smodatamente da uomini senza qualità, esponenti della “falsa coscienza del loro tempo”. L’esercizio dell’arte di morire, in attesa della propria apocalisse personale, diviene epica sadomasochistica della digestione sacrificale, dove la performance del desiderio di morte si compie per dissacrazione violenta, scoppiando letteralmente di cibo, al pari dell’oca che è torturata per produrre foie gras. D’altronde qui non si mangia per vivere, ma per morire. Per il bene del genere umano, l’intelligenza di Ferreri dissemina il film di elementi simbolici che spettacolarizzano la decadenza della società, facendo satira antropologica su un osceno senso della vita, e – tra uova fatali e frattaglie, amoralità sistemica ed eccesso di consumi – ci descrive l’edonismo materialistico di un atroce gourmet sociale che è ancora adesso servito alla mensa della nostra collettività. L’opera letteraria associata al film è Satyricon di Petronio, su interpretazione degli attori Stefano Jotti e Alessandra D’Elia.
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Sabato 4 luglio 2020 | ore 20.30
docente Letteratura inglese
cortometraggio 1967 USA B/N 22 min.
regia Alan Schneider/script Samuel Beckett
con Buster Keaton
KOYAANISQATSI: LIFE OUT OF BALANCE
regia Godfrey Reggio,
documentario 1982 Colore USA 83 min.
La maschera attoriale di Buster Keaton, con l’inseparabile pork pie hat, è patrimonio riconosciuto della storia del cinema mondiale. Samuel Beckett è probabilmente il maggiore commediografo del XX secolo. Due icone della drammaturgia si associano in questo lavoro, e l’assurdo finisce sugli schermi, in un atto teatrale non replicabile in quanto, per sua dichiarata natura, filmico. Nel cortometraggio Film, il cui titolo è già di per sé emblematico, il teatro scavalca lo spazio scenico e si insinua nelle strade; si aggira nella città e la fotografa come archeologia industriale. L’occhio della macchina da presa diviene protagonista, quale presenza di un Dio persecutore, onnipresente e terrorizzante, dove si scopre che non è null’altro che il simulacro dell’Io e il suo Doppio. Viene da pensare che il drammaturgo irlandese ci abbia voluto dare l’illusione di scorgere infine Godot in persona, trovando nelle apparenze e nella natura inoffensiva e drammatica dell’anziano Keaton, miracolosamente sopravvissuto al cinema muto, l’unico interprete possibile per raccontare l’Assenza per antonomasia. Dettagli dei costumi ci rivelano che non si è in un ambito di contemporaneità, ma nel primo ‘900 dei silentmovies, dove un passante spaventato ha una fisionomia che rassembra vagamente il volto di Marcel Proust. In pochi sanno dell’ammirazione di un giovane e modernista Samuel Beckett per i linguaggi di Sergej Ėjzenštejn; non è dunque un caso che scelga di affidarsi per la sua prima e unica realizzazione cinematografica al fratello di Dziga Vertov, Boris Kaufman, per la fotografia e all’egregio regista teatrale di origine russa Alan Schneider – affiancati ai densi silenzi del protagonista – nella messa in scena di questo breve e preziosissimo gioiello in motion. Inevitabile anche il parallelo con Totò e Pasolini, a riscattare la dignità dell’attore comico per i posteri e per l’eternità. Un approfondimento critico alla visione sarà curato da Patrizia Fusella, specialista della drammaturgia beckettiana, autrice e docente di Letteratura Inglese, che analizzerà il cortometraggio per il pubblico di Doppio Sogno XX/Remote Control.
Koyanisqaatsi è un documentario del 1982 che scatta l’istantanea dello stato del pianeta Terra in un preciso momento temporale – storico, geologico, tecnologico e spirituale –, secondo una formula narrativa che fu accolta come novità assoluta. Con un frenetico ritmo di montaggio, completamente diverso dal taglio dei documentari visti fino a quel momento – fra i quali quelli di Cousteau e Quilici erano certamente tra i più significativi – e il commento sonoro di Philip Glass, il documentario è una ricerca filosofica sulla condizione umana che indaga nel significato dell’esistenza, in relazione all’impatto che la dittatura antropica della scimmia umana ha sui territori dell’ecosistema e sulle altre specie viventi di questo “nostro” pianeta. Questo lungometraggio dal respiro universale, primo capitolo di una trilogia che il regista Godfrey Reggio dedica alla questione ambientale, è uno squarcio post-moderno sulla realtà dell’intero globo terrestre, quando appena si iniziava a parlare di riscaldamento globale, e certamente ha concorso a dare una scossa determinante alla successiva discussione sul clima, che determinò nel 1997 la ratifica del Trattato di Kyoto dove si intendeva operare per ridurre drasticamente le emissioni di CO2 nei successivi cinquant’anni. Sappiamo, col senno di poi, che il Trattato, al pari della voce di Cassandra, è stato largamente ignorato dalle potenze industriali mondiali e molto poco è stato fatto per la salvaguardia dei ghiacciai eterni: con l’attuale risorsa di Google Earth ciascuno può verificare lo stato reale della geofisica terrestre dove, assieme con sensibile riduzione delle aree verdi delle foreste, è sconvolgente osservare la completa scomparsa delle superfici ghiacciate del Polo Nord, ridotte alla sola Groenlandia, e quel che resta dei ghiacciai dell’Antartico e delle principali vette montuose di tutti gli altri continenti. Ciò è probabilmente da milioni di anni a questa parte la più catastrofica delle perdite per l’umanità e non può più essere ignorata. Come nei film di fantascienza hollywoodiani, siamo prossimi a essere protagonisti della prossima emergenza del pianeta azzurro – tra l’incombere dell’innalzamento dei mari e la desertificazione delle terre – a cui sarà difficile, per le generazioni a venire, trovare rimedio. Così, per questa ragione il film che conclude la sezione cinematografica della rassegna DoppioSognoXX/Remote Control – dedicata a una riflessione sulle ragioni e le conseguenze della pandemia causata dal Covid19 – è un invito ad aprire gli occhi sulla nostra realtà contingente, poco rosea, alle cui emergenze è necessario porre immediato rimedio fin da ora, per il bene di tutti i viventi, presenti e futuri. Koyaanisqatsi significa “condizione che richiede un altro stile di vita”.
- Lunedì 6 luglio 2020| ore 21.00
in collaborazione con SYNTH jazzin’zone
il noto pianista interpreterà infatti alla sua maniera brani famosi da film altrettanto celebri.
Qual è il rapporto profondo tra i suoni e le immagini? Perché a volte di un film ricordiamo più la musica che il film stesso? Cosa aggiunge, o toglie, a ciò che vediamo su uno schermo, il commento musicale del compositore? Domande dalle risposte difficili generate dal connubio affascinante tra musica e “Settima Arte”, un’unione che spesso per il regista e il musicista si tramuta in una grande sfida ma che per nostra fortuna ha dato origine a memorabili sodalizi artistici (Fellini-Rota, Hitchcock-Herrmann, Morricone-Leone). Il Maestro Pieranunzi interpreterà temi scritti da compositori come Michel Legrand , Johnny Mandel, Charlie Chaplin (sì, il geniale uomo di cinema anglo-americano fu autore anche della musica di molti suoi film), Henry Mancini. Una parte cospicua della performance di Pieranunzi sarà naturalmente dedicata alle meravigliose musiche dei nostri Armando Trovajoli, Nino Rota, Ennio Morricone, le cui note evocheranno le immagini di quei film amati da tutti che hanno contribuito a formare il nostro immaginario collettivo. Per tutti gli eventi in programma saranno applicate le misure nazionali di sicurezza e prevenzione rischio contagio da COVID-19, pertanto è consigliato l’acquisto online sui portali: www.azzurroservice.net già disponibile per il concerto Paese mio bello e www.go2.it per Enrico Pieranunzi.
direzione artistica Laura Angiulli
segreteria Roberta Tamburrelli Anna Fiorile Roberto Alvino
comunicazione Lorenza Pensato
ufficio stampa Simona Martino e Sarah Manocchio
si ringrazia Rosanna Naclerio
concerto ENRICO PIERANUNZI: 20 euro su GO2
t.+39 081425037
t.+39 081425824