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Awake: recensione del nuovo thriller post-apocalittico di Netflix

Awake: recensione del nuovo thriller post-apocalittico di Netflix

Awake

 

Jill (Gina Rodriguez) è la madre di un ragazzo adolescente, Noah (Lucius Hoyos), e di una bambina, Matilda (Ariana Greenblatt). La donna è una veterana di guerra, e i suoi figli sono stati affidati in custodia alla loro nonna paterna, dopo la morte di loro padre al fronte.

Jill lavora come guardia di sicurezza in una università, e cerca di superare il forte stress post-traumatico che gli ha lasciato in eredità la sua drammatica esperienza militare.

Mentre viaggia in auto con i suoi figli, improvvisamente e inspiegabilmente tutti gli strumenti elettronici smettono di funzionare. Scoppia il caos. Ben presto ci si accorge non solo che il fenomeno ha una porata globale, ma che anche tutto il genere umano ha perso la capacità di dormire.

La deprivazione da sonno ben presto ha effetti devastanti sulla popolazione, che impazzisce abbandonandosi a saccheggi, razzie e comportamenti schizofrenici.

Matilda sembra essere una delle pochissime persone capaci ancora di addormentarsi, ma questo la rende appetibile sia ai soliti militari cattivoni, desiderosi di scoprire il suo segreto con mezzi non proprio ortodossi, sia ai consueti fanatici religiosi, bramosi di sacrificarla per guadagnarsi il favore celeste.

Jill riesce a scappare con i suoi figli, ma il mondo in cui si muove è ormai impazzito…

Awake: un film post-apocalittico che non entusiasma per niente

Awake si inserisce in un filone ormai inflazionato, quello post-apocalittico, ma non regge il confronto con pellicole come A Quiet Place (del quale uscirà il 24 di giugno l’atteso sequel, finalmente al cinema!) o Birdbox. Fermo restando che essere veramente originali è ormai diventato praticamente molto difficile, questa pellicola non eccelle certo per fantasia e approfondimento dei personaggi.

Analogamente a tanti film che si sono visti recentemente, dopo un inizio interessante l’impressione di assistere a un dèjà-vu è molto forte, e la prevedibilità di molte scene può rendere la storia raccontata abbastanza soporifera per lo spettatore smaliziato, tanto che il titolo può fare sorridere, visto che rimanere … awake (sveglio) può diventare un problema.

Non solo i pochi personaggi sono tratteggiati superficialmente e appaiono stereotipati, ma la storia nel suo complesso lascia alquanto perplessi, tanto che non è semplice mantenere la sospensione dell’incredulità per rimanere immersi nella narrazione.

Non si capisce per quale motivo dopo 24 ore di insonnia tutti debbano diventare degli psicopatici saccheggiatori, tra l’altro bruciando in tal modo tutta la tensione che dovrebbe lentamente crescere nella prima parte di questo tipo di film, dal momento che in una manciata di minuti la cittadina dove vive Jill viene trasformata in una distopia alla Mad Max. Peccato.

La stessa vita passata di Jill rimane alquanto nebulosa, rendendo difficile immedesimarsi nel personaggio protagonista, del quale ci vengono forniti scampoli di informazioni sul suo passato qua e là, quasi a casaccio.

Cosa molto fastidiosa, anche perché la sua relazione passata con i militari che incontra durante la storia avrebbe potuto alimentare il motore narrativo, dando brio al film. Gli altri personaggi sono ancora meno definiti, in alcuni casi ridotti a presenze stereotipate, dal comportamento prevedibile.

Ancora una volta, peccato.

Awake: un film che si perderà nel mare di Netflix e del quale non si ricorderà nessuno

Insomma, parliamo di una pellicola senza lodi ma con molti punti deboli. Altra nota dolente è la superficialità con la quale viene trattata la relazione madre-figlio. In genere i film di questo filone sono una opportunità per trattare questo tema.

Basti pensare al non eccelso ma sicuramente godibile Light of My Life, scritto, diretto e interpretato da Casey Afflect, del 2019, in cui lo scenario post-apocalittico era in pratica solo un’opportunità per parlare del rapporto tra padre e figlia.

In Awake questo aspetto è trattato con molta superficialità, visto anche lo scarso spessore dei personaggi, facendo perdere forza alla narrazione.

Anche l’interessante tema del confronto tra atteggiamento scientifico e fanatismo religioso, molto interessante e attuale in tempo di pandemia da COVID-19, è trattato in modo stereotipato e prevedibile.

Nessuno pretendeva che tale argomento diventasse centrale nella pellicola, come lo era in The Mist, apprezzabile film horror del 2007, di Franc Darabont, ma in Awake è stato usato come prevedile riempitivo in una sequenza, che probabilmente ha attivato i centri neuronali del sonno in qualche spettatore.

Per l’ennesima volta, peccato.

Anche perché nella pellicola sono presenti attori capaci, a cominciare da Gina Rodriguez, che sono stati costretti ad appiattirsi in personaggi senza spessore.

Comunque tranquilli: di Awake tra un paio di settimane non si ricorderà nessuno, e andrà disperso nel mare ormai sconfinato di Netflix.

Alessandro Marotta

 

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