aperta fino a venerdì 08 giugno
Florindo “Flou” Palacio nasce a Taneco in Texas nel 1966 da genitori
messicani a quel tempo clandestini e attualmente vive al confine tra
Argentina e Brasile. Spesso sparisce per giorni interi esplorando la
terra di nessuno tra i due confini: si definisce l’Argentileiro apolide.
Quando parte all’avventura porta sempre con sè un elmetto finto sul
quale al ritorno appone un laccio giallo fluorescente in segno di festa
per lo scampato pericolo. Descrive così il concetto di pericolo: “la
solitudine dell’eremita è il pericolo gratuito, la gratuità del
pericolo è una droga che non ti rafforza perché il pericolo vissuto da
solo non è confrontabile”. Scrive poesie e la cosa lo fa sentire
benestante. Dice dei poeti: “Tutti pensano o parlano o stanno zitti ma
chi ha tempo di scrivere ciò che pensa, dice o non dice, ha sicuramente
tempo da dedicare all’inutilità”. Johnny Deeper, il regista, dice,
invece, di lui, a riprova delle sue indubbie qualità: “la prima volta che lessi una
poesia di “Flou” stavo facendo merenda. Ho spalmato di burro il
centrotavola, l’ho inzuppato nel caffellatte e ho tentato di ingollarlo.
La seconda volta ero in sala di attesa per una visita al ginocchio. Sono
entrato in ginecologia. La terza ero al mare sotto l’ombrellone,
rincasando ho scoperto di avere comperato dai venditori ambulanti: due
borse falso Prada identiche, sei asciugamani ricoperti di delfini e
tartarughe, tre ciabatte (spaiate), un pareo con la faccia di Britney
Spears, due orecchini a forma di Tour Eiffel e che mi sono fatto tatuare
un drago in “henne'” sull’avambraccio. Tre indizi fanno una prova.
L’arte di “Flou” è deragliamento: deragliamento dei sentimenti, dei
sensi e della mente. “E in questo mar deragliar m’è dolce” come
dice il poeta.”