Più di duemila anni fa qualcuno alla luce fioca delle stelle raccontava di come di come l’Arte vincesse la malìa del tempo. Qualcun altro raccontava di un Mostro che abitava in una prigione senza porte e sbarre e di come un Eroe giunse a porre fine alle sue pene. Storia immortale. Storia che, inspiegabilmente, parla anche a noi veloci uomini contemporanei. Testimonianza di un tempo arcaico in cui la Natura era Tempio del Divino ed ogni sua manifestazione era simbolo. Strano come a distanza di millenni un evoluto dottore viennese abbia dovuto far ricorso ad un mito greco per poter spiegare l’attrazione tra madre e figlio e tra padre e figlia. Racconto immortale dunque, enigmatico, ma immortale. Chi non si è mai domandato riguardo alla natura dell’Eros? Gli antichi hanno dato risposta a questi quesiti molto prima di noi.
Lo spettacolo, a cura del “La Chiave di Artemisia”, per la regia e drammaturgia di Livia Berté, invita, tra musiche ed ombre, echi e racconti, ad aprire il vaso di Pandora del mondo simbolico ed ancestrale del Mito, all’interno dei suggestivi cunicoli degli scavi sotterranei dell’Anfiteatro Campano di Santa Maria Capua Vetere.
Centro della piece teatrale la figura del toro, del Minotauro, dai culti Misterici di Mitra fino alla mitologia greco-romana, osservato però da un punto di vista ribaltato: quello tanto egregiamente spiegato da Jorge Luis Borges.
Uomo con la testa di toro, personaggio deforme e cattivo, perchè costretto, dalla sua ambigua natura, a mangiare essere umani, esseri mortali in così gran parte simili a lui, costretto… appunto costretto dalla vita, dalle circostanze, dalla sua “malformazione”. Chi è qui il vero mostro? Lui, il Minotauro, nato diverso, nato da un amore sbagliato, costretto a vivere ai limiti della società, o coloro che lo hanno emarginato? Le parole finali del racconto del Minotauro di Borges racchiudono in maniera perfetta questa condizione, attualissima, di paura e distruzione del diverso, essere incompreso ed impotente: “Ci crederesti Arianna? Il Minotauro non s’è difeso”.
Gli scavi dell’Anfiteatro diventano il labirinto, dove attori abituati al teatro danza, sfrecciando tra le antiche pietre e sbucando dal buio, raccontano la sua storia. La formula della messa in scena è quella della visita guidata teatralizzata: gli spettatori vengono raccolti all’interno del Museo Archeologico e lì viene fornita loro una spiegazione dettagliata del sito e del mito.
Vengono poi accompagnati agli scavi, dove ha luogo la rappresentazione vera e propria.
Il punto di ritrovo è l’ingresso del Museo.
Presentarsi con 15 minuti di anticipo.
Lo SPETTACOLO TEATRALE si svolge in UN’UNICA REPLICA con inizio alle ore 19:30 e ha la durata di 1 ora.
È uno spettacolo itinerante, si svilupperà quindi tra i resti dell’Anfiteatro stesso e permetterà agli ospiti di poter ammirare le bellezze del sito archeologico durante la performance teatrale.
Regia di Livia Berté
Coreografie e movimenti scenici a cura di Luisa Leone.
In scena gli attori:
Valerio Lombardi
Rossella Di Martino
Livia Berté
Renato Fontanarosa
Luisa Leone
Diana Bevilacqua
INGRESSO 2,50 euro a biglietto
L’ANFITEATRO CAMPANO DI CAPUA
Piazza I Ottobre, 36,
81055
Santa Maria Capua Vetere (CE)
OBBLIGATORIA PRENOTAZIONE
Modalità di prenotazione:
MESSAGGIO WHATSAPP 24h su 24 al numero 3404657949
indicare SPETTACOLO, NUMERO PERSONE, COGNOME
(riceverete conferma di avvenuta prenotazione)