Partiamo in macchina un sabato mattina. Tre vecchi amici la cui destinazione è una piccola località ormai quasi dimenticata, persa nelle montagne del Friuli Venezia Giulia: Ombrena. E’ una piccola frazione del comune di Tramonti di Sotto, in provincia di Pordenone.
Un paese quasi del tutto abbandonato, che una volta era composto da diverse borgate: Sialis, Todesc, Ferrara, Val di Lucca.
Lo si può ancora raggiungere facilmente, basta uscire dalla Strada Regionale 552, mentre si viaggia verso Tramonti di Sotto, imboccando la Strada Provinciale 57, in direzione di Campone, lasciando il Lago di Redona alla propria sinistra.
Sulla destra, dopo alcune centinaia di metri, c’è ancora una indicazione che rivela la via che dalla Strada Provinciale 57 porta a Ombrena, anche se la segnaletica è meglio visibile quando si scende da Campone. Parcheggiamo la macchina nei pressi del cartello e ci avviamo a piedi verso verso la nostra destinazione.
La via è ancora perfettamente percorribile, anche se il manto stradale è pesantemente danneggiato dall’erosione del tempo, dalla mancanza di manutenzione e dall’azione disgregante della vegetazione.
La parte ancora asfaltata è ricoperta da muschio, costellata di buche e in via di inesorabile disfacimento, tanto che percorrere questa strada con una normale automobile sarebbe un’impresa rischiosa, mentre a piedi la salita è agevole, bastano una ventina di minuti, anche se non si è troppo allenati.
Scarne le notizie che si possono trovare in rete su questa dimenticata località, tanto che non è neanche possibile trovarla su Google Maps. Spulciando nel web, scopriamo però un articolo del Messaggero Veneto del 2008, il cui titolo annuncia che “sarà resa nuovamente percorribile la strada che conduce a Ombrena”.
A distanza di tredici anni viene spontaneo chiedersi se i lavori siano mai stati effettuati, e che senso abbia continuare a investire denaro pubblico per mantenere aperte vie di comunicazione verso luoghi ormai quasi abbandonati.
Dal punto di vista di chi ancora abita nella zona, probabile che si tratterebbe di soldi ben spesi. Dal un punto di vista più generale è veramente difficile rispondere a questo interrogativo, certo che il progressivo e inesorabile spopolamento della montagna è un problema, anche dal punto di vista della gestione del territorio. Per non parlare della perdita della memoria storica di luoghi destinati a essere inghiottiti dalla natura e dal’oblio.
Ma perché Ombrena al giorno d’oggi è pressoché disabitata?
La ragione per cui molte località di montagna si stanno spopolando sono molte e sotto gli occhi di tutti: pochi posti di lavoro disponibili, vie di comunicazione spesso non agevoli e richiedenti molta manutenzione, alti costi di gestione, lontananza dei servizi.
A questi problemi generali della montagna si aggiungono quelli locali. A tale proposito, è possibile leggere un interessante articolo di Franca Spagnolo, pubblicato su Il Barbacian dell’agosto 1986, periodico edito dalla Pro Spilimbergo, del quale è disponibile online una copia in formato .pdf.
Leggiamo che “l’esodo, per i paesi della Valle del Meduna, iniziò proprio nel 1947-1952, con costruzione della diga a Ponte Racli”. Infatti il lago di Redona (noto anche come lago di Tramonti) è un bacino artificiale, i cui lavori di realizzazione terminarono appunto nel 1952, sbarrando con la diga il Meduna, che portò all’abbandono del vecchio borgo di Movada, i cui resti emergono ancora quando il lago è in secca.
La realizzazione di questo manufatto ha comunque probabilmente accelerato uno spopolamento che sarebbe avvenuto comunque, sia pure magari in tempi più lunghi.
Continuiamo a camminare lungo la strada asfaltata che conduce al nucleo principale di Ombrena, che ben presto diventa un sentiero sempre più stretto tra la vegetazione, che lentamente si sta riprendendo ciò che l’uomo le aveva sottratto.
Molte case sono ormai completamente cadute in rovina, ed è difficile distinguerle nell’intrico formato da strati di piante rampicanti, alberi e arbusti. Arriviamo davanti al nucleo principale di Ombrena. Nessuna traccia di attività umana. Solo un pugno di edifici in diversi stadi di degrado. Uno probabilmente è stato abitato fino a poco tempo fa, il tetto sembra essere in ottimo stato, qualcuno viene forse ancora a fare saltuaria manutenzione.
Altri sono ridotti alle sole mura perimetrali, all’interno delle quali stanno crescendo gli alberi, altri ancora sono in via di disfacimento, con muri e tetti pericolanti. Meglio non avvicinarsi.
Ma anche tra gli edifici in buono stato l’erba è cresciuta rigogliosa, deve essere un po’ che nessuno l’ha calpestata.
Ci addentriamo lungo il sentiero che si dirige verso il bosco, alla ricerca di altri nuclei abitativi. La vegetazione è sempre più fitta. Improvvisamente al nostro lato, su un pendio, intravediamo dei muri avviluppati nella vegetazione. Sembra che ci sia una luce accesa dentro l’edificio cadente, ma questo non è ovviamente possibile.
Per una incredibile coincidenza, passando dal tetto sfondato, un raggio di sole ha inquadrato perfettamente una finestra dall’interno. L’effetto è bellissimo e molto suggestivo. Viene spontaneo pensare a tutte le persone che hanno vissuto in questi luoghi. Cosa è rimasto delle loro storie, dei loro sogni, delle loro speranze? Impossibile rispondere. I muri cadenti, ricoperti di muschio, ci guardano muti.
Dopo una lunga camminata nel bosco, nel corso della quale abbiamo incontrato i ruderi di altre abitazioni, ritorniamo all’automobile. E’ ora di rientrare.
Al piacere di riscoprire un luogo quasi dimenticato della nostra regione, segue la malinconia legata al fatto di avere visitato luoghi probabilmente destinati a scomparire nell’oblio.
Del resto la lista dei paesi destinati a rimanere disabitati si allunga gradualmente.
Sempre nel comune di Tramonti di Sotto c’è per esempio Palcoda, suggestiva località arrampicata nelle prealpi Carniche. Forse l’obiettivo del prossimo viaggio …
Alessandro Marotta