Il malato immaginario ha più paura di vivere che di morire, e il suo rifugiarsi nella malattia non è nient’altro che una fuga dai problemi, dalle prove che l’esistenza mette davanti. In una fase storica in cui le vicende sanitarie sono al centro dell’attenzione, Emilio Solfrizzi veste i panni del protagonista della celebre commedia di Molière. Un grande ritorno al Teatro Verdi di Gorizia per l’amatissimo attore pugliese, che sarà protagonista di una doppia recita de Il malato immaginario mercoledì 12 e giovedì 13 gennaio, sempre alle 20.45. Molière mette in scena le vicende familiari di un ipocondriaco, Argante, che si circonda di medici inetti e furbi farmacisti, ben contenti di alimentare le sue ansie per tornaconto personale. Argante è a tal punto prigioniero della sua paura, da voler maritare la figlia Angelica con il figlio di un medico, benché la giovane sia innamorata di Cleante, per avere così un dottore in famiglia sempre a sua disposizione. Sua moglie Belinda (matrigna di Angelica) è una donna avida e meschina, che disprezza il marito. Argante, è vittima di se stesso e burattino di chi gli sta intorno. Ma grazie all’intervento della cameriera Antonietta e del fratello Beraldo ordirà un inganno in grado di fargli aprire gli occhi sulla realtà che la circonda.
La biglietteria (via Garibaldi, 2/a – tel. 0481.383601) è aperta da lunedì a venerdì dalle 17 alle 19 e sabato dalle 10.30 alle 12.30. I biglietti sono disponibili anche su Vivaticket. L’accesso in sala è consentito solo ai possessori di green pass rafforzato e come disposto dal Decreto Legge in vigore dal 24 dicembre sarà necessario indossare la mascherina FFP2. All’ingresso sarà misurata agli spettatori la temperatura corporea.
Queste le considerazioni di Guglielmo Ferro, che ha adattato il testo e diretto lo spettacolo, produzione Compagnia Molière – La Contrada Teatro Stabile Trieste: “Il teatro come finzione, come strumento per dissimulare la realtà, fa il paio con l’idea di Argante di servirsi della malattia per non affrontare “i dardi dell’atroce fortuna”. La tradizione, commettendo forse una forzatura, ha accomunato la malattia con la vecchiaia, identificando di conseguenza il ruolo del malato con un attore anziano o addirittura vecchio, ma Moliere lo scrive per se stesso quindi per un uomo sui 50 anni, proprio per queste ragioni un grande attore dell’età di Emilio Solfrizzi potrà restituire al testo un aspetto importantissimo e certe volte dimenticato. Il rifiuto della propria esistenza. La comicità di cui è intriso il capolavoro di Moliere viene così esaltata dall’esplosione di vita che si fa tutt’intorno ad Argante e la sua continua fuga attraverso rimedi e cure di medici improbabili crea situazioni esilaranti. Una comicità che si avvicina al teatro dell’assurdo, Moliere, come tutti i giganti, con geniale intuizione anticipa modalità drammaturgiche che solo nel ‘900 vedranno la luce. Si ride, tanto, ma come sempre l’uomo ride del dramma altrui”.