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Parigi, tutto in una notte: recensione del film di Catherine Corsini

Parigi, tutto in una notte: recensione del film di Catherine Corsini

Raf (Valeria Bruni Tedeschi) e Julie (Marina Fois) si stanno separando dopo dieci anni passati insieme. Entrambe però si ritroveranno al pronto soccorso, perché la prima si è fratturata il braccio in seguito a una banale caduta sull’asfalto stradale.

Yann (Pio Marmai) è un camionista, che partecipa alle manifestazioni di protesta dei gilet gialli. Anche lui finisce in ospedale, in seguito alle ferite riportate a una gamba durante i violenti scontri con la polizia.

I tre si ritrovano in un sovraffollato pronto soccorso, nel quale lavora come infermiera Kim (Aissatou Diallo Sagna). La struttura ospedaliera ospita una variegata e sofferente umanità, in più o meno paziente attesa di essere assistita, mentre all’esterno continuano i tafferugli tra manifestanti e agenti antisommossa.

Raf (Valeria Bruni Tedeschi) e Julie (Marina Fois) in Parigi, tutto in una notte

Raf (Valeria Bruni Tedeschi) e Julie (Marina Fois) in Parigi, tutto in una notte

Parigi, tutto in una notte: un piacevole film politico, oltre gli stereotipi di destra e sinistra

Nel film si alternano momenti leggeri, occhieggianti alla commedia, ad altri drammatici. Proprio da questi ultimi emergono chiari elementi di denuncia sociale, con diverse chiavi di lettura.

Non per niente il titolo originale del film è La Fracture (La Frattura), molto più efficace di quello italiano nel descrivere la pellicola, come spesso purtroppo accade.

Diverse sono le spaccature rappresentate nel film: quella che sta separando la coppia Raf-Julie, la frattura presente nel braccio di Raf, quelle che si agitano nel corpo sociale francese.

Le problematiche sulle quali si sofferma Catherine Corsini non sono quelle relative alla convivenza di culture diverse o all’omofobia, ma riguardano la distanza siderale tra lo Stato e i cittadini il cui interesse dovrebbe perseguire.

Una distanza abissale, destinata ad alimentare il movimento dei gilet gialli, del quale fa parte Yann, giovane camionista costretto a vivere ancora con la madre, a causa della paga da fame percepita.

Se Yann potrebbe essere etichettato come appartenente al mondo operaio, anche il mondo borghese alla quale appartengono Raf e Julie non se la passa molto meglio. Quest’ultima gestisce una piccola casa editrice nel mondo del fumetto, per la quale lavora come disegnatrice Raf, ma le cose non vanno più bene come un tempo.

Kim è un’infermiera di colore costretta a turni massacranti, che vanno ben oltre a quanto teoricamente permesso dal contratto di lavoro.

Lo stesso ospedale è fatiscente, con controsoffitti che cadono sui pazienti, personale sotto pianta organica che deve fare i salti mortali per garantire un minimo di servizio, avendo anche a che fare con una scarsità strutturale di farmaci e attrezzature.

Quella che manca non è certo la volontà degli operatori, quanto le risorse investite nel servizio pubblico.

E l’iniziale diffidenza, dovuta anche alla differenza di classe tra Yann da una parte, e Raf e Julie dall’altra, si dissolve come burro in padella davanti ai drammatici eventi che i tre devono affrontare nel pronto soccorso, causati anche dalla selvaggia e irrazionale repressione dei movimenti di protesta da parte delle forze dell’ordine.

Eventi il cui impatto è mitigato dalla profonda umanità della maggior parte degli operatori sanitari, Kim in testa. Ma nel mondo reale nessuno può fare miracoli…

Parigi, tutto in una notte: un film interessante

In definitiva in questa pellicola Corsini cerca di rappresentare con realismo i tragici eventi legati alle manifestazioni dei gilet gialli, utilizzando però il punto di vista di personaggi che vivono queste esperienze da un’angolazione particolare, che si presta a creare situazioni in cui c’è anche spazio per l’humor.

Personaggi alle volte fin troppo sopra le righe, come nel caso di Yann, ma che permettono alla regista di mostrare quanto accaduto senza cadere nella trappola del didascalismo, delle eccessive banalizzazioni o degli stereotipi della politica.

Personaggi che si trovano travolti da eventi molto più grandi di loro, che trovano l’unica via di salvezza nella riscoperta della propria dimensione più profondamente umana, destinata a rendere irrilevante ogni differenza di classe, genere e colore della pelle.

Un film piacevole e interessante, anche se non rimarrà di certo scolpito nei libri di storia del cinema.

Alessandro Marotta

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