“Per gli alti meriti letterari, riconosciuti a livello internazionale, testimonianza di un sempre lucido desiderio di verità, indipendente da ideologie e convenienze politiche, e per essere dimostrazione vivente di come, pur nella diversità, si possa essere parte attiva di una stessa comunità”.
Con questa motivazione, il sindaco Roberto Cosolini ha conferito la Civica Benemerenza della Città di Trieste a Boris Pahor. La solenne cerimonia, si è svolta venerdì 23 agosto in una gremita sala del Consiglio comunale di Trieste, presenti autorità civili, militari e religiose. Tra gli altri il sottosegretario alla Cultura della Repubblica di Slovenia Ales Crnic, la senatrice Tamara Blazina, l’on. Ettore Rosato, il presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, l’arcivescovo mons. Giampaolo Crepaldi, gli assessori comunali Edi Kraus, Franco Miracco, Antonella Grim, Laura Famulari, Umberto Laureni nonché numerosi consiglieri comunali.
“Trieste è città di persone longeve e di centenari e fra questi, tra qualche giorno, ci sarà il professor Boris Pahor –ha detto nel breve saluto d’inizio cerimonia il vicepresidente del Consiglio comunale Alessandro Carmi- che sta raggiungendo questo traguardo con giovanile passione ed invidiabile lucidità e che va ringraziato per la sua incessante, coraggiosa testimonianza, durata tutta una vita, per la sua opera a favore della giustizia, per la pace nelle nostre terre”.
Nell’intervento del sindaco Roberto Cosolini sono stati espressi “sentimenti di amicizia e infinita stima verso l’uomo e lo scrittore”, “uno dei più grandi interpreti letterari viventi del nostro Paese”, che ha avuto “la capacità di testimoniare gli orrori del passato, del fascismo e del nazismo”, condannando tutti i totalitarismi e le dittature. Boris Pahor –ha detto Cosolini- ha ricevuto riconoscimenti importanti, ma “questa Civica Benemerenza testimonia l’affetto, la stima e il ringraziamento della nostra comunità”, ad “uno dei gradi vecchi che la storia ci ha consegnato e di cui abbiamo bisogno, per essere accompagnati verso i difficili itinerari che ancora ci sono da percorrere”.
In quest’occasione il sindaco Roberto Cosolini ha ricordato anche che, il prossimo 18 settembre, nella ricorrenza dei 75 anni (1938) della proclamazione delle leggi razziali, il Comune di Trieste scoprirà una targa per ricordare il tragico e triste annuncio delle leggi razziali.
Al sindaco il prof. Pahor ha espresso “un sincero grazie per questa onorificenza della città di Trieste, che ha un posto speciale in Europa. Un grazie anche alla comunità slovena, che ha saputo vivere sempre in armonia, anche quando forze malvagie si sono intromesse”. Esprimendo ancora una profonda riconoscenza verso figure importanti come quelle dei vescovi Bonomo e Luigi Fogar e di Slataper, il prof. Pahor ha espresso ancora due desideri. Il primo: l’auspicio che il sindaco dia valore allo sloveno come fatto dalla Regione FVG e dalla Provincia di Trieste; il secondo fare un memoriale di quei campi di concentramento che sono trascurati e rischiano di essere dimenticati come i loro defunti. Due desideri, ma anche due compiti per casa che il prof. Pahor ha dato e che il sindaco Cosolini ha puntualmente accolto. Prima della solenne cerimonia, in salotto azzurro, il prof. Boris Pahor ha firmato il libro d’oro del Comune di Trieste.
Boris Pahor nasce a Trieste, in via del Monte, il 26 agosto 1913 da famiglia slovena. Il 13 luglio 1920 assiste a Trieste al primo atto vandalico perpetrato dagli squadristi con a capo Francesco Giunta, l’incendio del Narodni dom- la casa della cultura slovena, simbolo dell’ascesa economica e culturale della classe borghese slovena. Per Pahor e per tutta la comunità l’incendio rappresenta il tragico incipit del genocidio culturale perpetrato dalla dittatura di Mussolini. Il ventennio fascista è un cammino difficile che segnerà Pahor per sempre. Studente al Seminario Interdiocesano di Capodistria, segue poi gli studi teologici a Gorizia che abbandona dopo due anni. Viene arruolato e parte per la Libia dove, a Bengasi, ripete l’esame di maturità classica. Si iscrive poi alla Facoltà di Lettere dell’Ateneo padovano. Nel frattempo , rimandato in Italia, viene assegnato sul Lago di Garda. Dopo il 1943 aderisce al Fronte di Liberazione sloveno. Viene arrestato a Trieste nel gennaio del 1944 e deportato in Germania, nei campi di Dachau, Natzweiler -Struthof, ancora Dachau, Dora Mittelbau, Harzungen, e, infine, Bergen Belsen. Dopo la liberazione, malato di tisi, viene curato per un anno e mezzo in un sanatorio nei pressi di Parigi. Al ritorno a Trieste si laurea con una tesi sul poeta sloveno Edvard Kocbek. Difensore della libertà e della dignità, troverà negli umiliati e negli offesi i protagonisti della sua vicenda umana e della sua narrativa, così pure del suo pensiero storico e politico che potrà esplicare nella rivista Zaliv, per 25 anni unica vera tribuna libera e indipendente slovena di cui sarà l’anima. In questo contesto sarà anche il primo a denunciare apertamente gli eccidi del regime jugoslavo nel secondo Dopoguerra e diverrà persona non grata in Slovenia e tra gli ambienti filojugoslavi anche all’estero, tanto che gli verrà impedito per due volte e per lunghi periodi l’ingresso in Jugoslavia. Autore di una trentina di volumi di narrativa e saggistica, egli è testimone di tutto il Novecento: ha “reso immaginabile l’inimmaginabile”, i crimini del fascismo e la devastante esperienza del lager, cercando di riportare in vita coloro che non sono tornati, a cui ha dedicato, appunto, Necropoli, per ridare loro la dignità di esseri umani. Fermamente convinto della forza salvifica dell’amore e della parola come elementi determinanti della sua catarsi, può essere definito uno “scrittore oltre le ombre”. Insignito di importantissimi riconoscimenti nazionali e internazionale è innanzitutto scrittore e , per il messaggio della sua opera, per gran parte autobiografica, è stato più volte candidato al Nobel per la Letteratura.