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Intervista a Fiuto, originale artista di Milano

Le sue opere sono riconoscibili dall’ inconfondibile smile, collocata indifferentemente su foto, dipinti, pubblicità. Ma Fiuto è più di un semplice simbolo; un artista vero che spazia tra la pop-art e la street art, anche se ogni collocazione in determinate categorie potrebbe risultare inadeguata. Le sue opere sono presenti a Milano, oltre che in varie metropoli europee e attirano inevitabilmente l’attenzione del pubblico per il taglio ironico portato dalla faccina-logo; tuttavia il messaggio è più profondo se si presta maggiore attenzione. Anticonformismo, critica all’arte concettuale di maniera, originalità dell’individuo: sono queste le tematiche intrinseche dell’arte di Fiuto.

Partiamo dal principio: chi è Fiuto?

Fiuto è un modo di vivere e vedere le cose. Ho scelto questo nome per vocazione, infatti, per vedere al di là del proprio naso. Avere fiuto nel vedere o saper cogliere ciò che sta per succedere prima degli altri. Un personaggio inventato che guarda la realtà da un punto di vista insolito rispetto alla massa. Fiuto ama distinguersi. Ma è anche l’istinto primordiale che guida le azioni di un bambino nella realizzazione del desiderio. La bugia, l’aggirare l’ostacolo, l’affrontare i limiti imposti dal conformismo. Già parlare di sé è difficile. Nessuno dovrebbe sapere chi è Fiuto, sarebbe come spiegare il trucco di un gioco di magia.

Le tue opere sono a volte irriverenti, spesso ironiche. Sembrano voler dire ai critici “e adesso provate a giudicare questo!”. Possiamo parlare di provocazione artistica?

La finzione necessaria a Fiuto, di cui accennavo nella risposta precedente, è la stessa che caratterizza oggi il mondo dell’arte. Il sistema è falso, il modo di arrivare è falso, il modo di fare arte è falso. Tutto fa parte di un progetto calcolato che porta l’aspirante artista a dire: “se faccio questo avrò notorietà”. L’arte non è più – arrivata a certi livelli – esigenza, urgenza, messaggio. Costruisco immagini senza criterio, per dimostrare a me stesso che non c’è un vero criterio di valutazione.

I social network hanno portato a un’invasione di ‘emoticon’ nei dialoghi scritti. Il tuo simbolo, la tua firma, può essere considerato un precursore di questa espansione?

In un certo senso sì. La differenza con le altre emoticon è che tutti rincorrono un’identificazione massificata che si adatti a stati d’animo convenzionali. Io mi sono costruito addosso un’icona “anti-social” che identifica me e solo me.

Quanto è importante il simbolo nell’opera?

Credo che non abbia valore tanto il simbolo, quanto la forma e colore. Il simbolo è un contorno, abbellisce, fondamentalmente catalizza l’attenzione sviando dal vero significato dell’opera che è invece un concentrato di emozioni che prendono vita con la scelta di forme e colori.

Quanto le moderne tecnologie ti assistono nella creazione di opere e quanto invece ti limitano?

Mi piacerebbe usare a mio vantaggio la tecnologia. La uso, senz’altro, ma non mi soddisfa. Sono in fondo un tradizionalista, rappresento  ancora luci e ombre con un pennello e lascio che la tecnologia serva l’uomo più nelle sue azioni quotidiane che in quelle artistiche. Ci sono casi in cui la tecnologia applicata all’arte non ha senso. Dev’essere un supporto, non un sostituto. E’ come se dopo l’invenzione dell’ombrello ci aspettassimo che non piova più.

Se dovessi definire la tua arte con una parola, quale sarebbe?

Apparenza.

Che riscontro hanno i tuoi lavori sul pubblico? E sulla critica?

Non metto mai d’accordo nessuno. Ad alcune persone, come ad alcuni critici, piace tutto quello che faccio, altre scartano un buon numero di lavori. Di sicuro, pochi hanno voglia di approfondire e si fermano – manco a dirlo – all’apparenza.

Qual’è l’opera che avresti sempre voluto realizzare?

“L’Urlo” di Munch.  Se parliamo di concetto, profondità di pensiero. Tecnicamente mi sarebbe piaciuto essere Caravaggio o Leonardo.

Prossimi appuntamenti, esposizioni, manifestazioni? Tappe previste in Friuli Venezia Giulia?

Al momento, fino al 24 novembre, è presente una mia opera al Back to Biennale, evento collaterale della Biennale di Venezia, Palazzo Ca’ Bonavicini. Per tutte le altre iniziative si può consultare la pagina http://fiutoartv.wordpress.com

 

Carlo Liotti

About Carlo Liotti

Giornalista Pubblicista iscritto all'Albo dei giornalisti da Aprile 2013. Dottore in Scienze e Tecnologie Alimentari. Appassionato di fotografia e di viaggi, capo redattore de ildiscorso.it, reporter/collaboratore per altri canali di comunicazione.
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