Non è flamenco, ma una danza più antica, popolare e preziosa quella che Miguel Ángel Berna pone al centro di Bailando mi tierra… Mudéjar.
Coreografo e direttore della Compagnia Stabile di Saragozza è un virtuoso della jota, viva da oltre mille anni in Aragona ma rimasta in ombra rispetto ad altre danze folkloriche. Berna la balla da quando aveva otto anni e da oltre trenta ne è un appassionato studioso: per portarla a teatro ha compiuto un dettagliato e difficile lavoro di ricostruzione.
«Della jota – spiega – non esistono filmati, tutt’al più qualche foto, la memoria degli anziani che l’hanno ballata in gioventù. Ho dovuto studiare a lungo per riportarla alla luce e diversamente dal flamenco non ha avuto una elaborazione teatrale. Il mio è un primo tentativo. Nei villaggi più sperduti vedevo gli anziani danzare senza mai sfiorarsi… Ci è voluto molto tempo per penetrare il senso di una danza nata dal dramma di procurarsi un tozzo di pane e rielaborarla stilisticamente, alla maniera di un poeta con i versi».Ed ora la jota diviene uno spettacolo coinvolgente e sensuale, drammatico e carnale che Berna ha portato a trionfare nel mondo e dal 2012 anche in Italia, assieme alla sua compagnia e a un gruppo di musicisti rigorosamente dal vivo (si tratta di una danza che “pretende” musica dal vivo e spesso un immediato dialogo, talvolta addirittura una sfida fra ballerino e musico).
La parola “Mudéjar”, fin dal titolo ci rivela l’atmosfera di perfezione artistica e culturale a cui il coreografo si è ispirato: «Si fa riferimento alle tre culture – afferma Berna – cristiana, ebraica e musulmana della Spagna medievale. Mudéjar vuol dire “reso domestico” attraverso il pagamento di un tributo e si riferisce a quegli arabi che restavano in territorio spagnolo acquistando col denaro il diritto all’autonomia religiosa. L’Aragona fu questo crocevia di culture che coesistevano in pace prima della definitiva Riconquista spagnola». E la jota possiede la perfezione, la ricchezza, la stratificazione di simbolismi ed espressioni tipica di quest’incrocio di influenze, fedi, saperi. Virtuosisticamente ritmica, questa danza s’ispira alla vigorosa e nobile andatura del cavallo: i piedi del danzatore sfiorano il terreno, le nacchere restituiscono cadenze veloci e variate con incredibile perfezione tecnica, i salti si ripetono, le braccia si librano alte nell’aria.
La fatica dei danzatori è grande ma non traspare, nemmeno nei momenti più infuocati o drammatici, anzi sublima in una destrezza incantatrice che ha esaltato le platee di tutto il mondo. Impossibile resistere al fascino del “Paganini delle nacchere” come è stato definito Berna alla fine della sua superba esibizione al londinese Sadler’s Wells.