Una serata all’insegna della storia con la “S” maiuscola al Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Gorizia che ha mandato in scena “Il Discorso del Re”. Luca Barbareschi e Filippo Dini hanno raccontato le insicurezze e le fragilità di Albert, il futuro Re Giorgio VI (Dini) affetto da una pronunciata balbuzie e del rapporto che da meramente professionale si trasformerà in una profonda amicizia con il logopedista australiano Lionel Logue (Barbareschi – anche regista dello spettacolo) che lo prende in cura.
Storia di un’infanzia difficile quella Albert – Bertie per i familiari – che cresce con una tata che non gli vuole bene anzi lo punisce, con le gambe costrette da dei ferri per raddrizzarsi e lo scherno dei fratelli per la balbuzie sollecitati dal padre. Così quando ormai adulto si ritrova suo malgrado a salire al trono dopo la morte del padre e soprattutto dopo l’abdicazione del fratello maggiore che preferisce l’amore di Wally Simpson, deve trovare una soluzione al suo problema. Perchè un re balbuziente non si è mai visto e un re balbuziente che deve incitare i sudditi dato il difficile momento storico (la guerra è imminente) via radio è inconcepibile. Entra così in gioco il logopedista che con esercizi strani, balletti, canzoncine riesce a far emergere il vissuto di Bertie, a contrastare ciò che lo ha fatto soffrire e a farlo diventare la guida e il motivatore che il popolo si attende.
Quasi tre ore di spettacolo che vedono misurarsi Dini e Barbareschi in un crescendo di dialoghi che tengono gli spettatori concentrati sulla storia. Bravissimo Dini, tutto è incentrato su di lui, grande prova di attore con le movenze, la gestualità e con la balbuzie insistente che rendono l’interpretazione magistrale. Piacevole anche la figura del logopedista, strutturata in modo da dare risalto sia alle ambizioni fallite di attore che alla tecnica logopedica, spesso in maniera ironica. Fa da cornice alla storia la scenografia di Massimiliano Nocente che utilizza rulli ottagonali e pannelli scorrevoli su cui vengono proiettati filmati originali dell’epoca; essenziali e senza fronzoli le ambientazioni delle case del logopedista così come i palazzi reali.
Sotto la regia di Barbareschi, la storia si snocciola pezzo dopo pezzo con chiarezza e la piéce teatrale nulla ha da invidiare al film di un paio di anni fa vincitore di quattro premi Oscar. Da non perdere.
Maria Teresa Ruotolo