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“La grande schifezza”?

06.03.14

“Quando sono arrivato a Roma, a 26 anni, sono precipitato abbastanza presto, quasi senza rendermene conto in quello che si potrebbe definire: il vortice della mondanità. Ma io non volevo essere semplicemente un mondano, volevo diventare il re dei mondani. Io non volevo solo partecipare alle feste, volevo avere il potere di farle fallire.” E così fu.

Jep Gambardella (Toni Servillo) è il protagonista di una storia di sentimento. La Grande bellezza non è un film criptico dal significato misterioso e incomprensibile, come tanti lo hanno definito, ma rappresenta la storia di un uomo e dei suoi sentimenti più profondi. Arrivato a Roma, giovane e pieno di speranze, dopo aver pubblicato un unico romanzo, ma di successo, L’ Apparato Umano, Jep si distingue affermandosi come giornalista che si occupa di arte e cultura. La sua reputazione di professionista e di uomo mondano lo contraddistingue, non c’è dubbio, è un fuoriclasse. A 65 anni, quando viene a conoscenza della morte della sua prima ragazza, forse l’ unica donna da lui veramente amata, qualcosa in lui scatta e lo pone di fronte alla triste realtà. Jep si ritrova a fare i conti con la vita vissuta, la continua e costante aspirazione alla grande bellezza, si concretizza ora nella presa di coscienza dell’ orrore di una vita vuota, fatta di niente, che non ha portato altri frutti che una vecchiaia triste e “sola”. Pur essendo pieno di amici e conoscendo, grazie al suo lavoro, artisti famosi e alte personalità, Jep si sente al centro di una cerchia di gente vuota e falsa, che come lui “Sono tutti sull’ orlo della disperazione, non hanno altro rimedio che farsi compagnia, prendersi un po’ in giro”. Così durante una delle insipide serate, organizzate sul terrazzo del suo splendido appartamento nel centro di Roma, umilia ferocemente l’ amica Stefania (Galatea Ranzi), istigato proprio da lei che vantava con ipocrisia il suo impegno civile e le sue doti di moglie e madre amorevole e sempre presente, e criticava proprio Jep, il suo unico “capo-lavoro” letterario e la sua vita vuota. Ben cosciente della pochezza di tutti gli uomini, Jep le risponde prima pacato e mantenendo sempre una classe disarmante, ma all’insistente replica di Stefania, non ha altra alternativa che sbatterle brutalmente in faccia la verità, nota a tutti, ma taciuta. Fa riflettere anche la scena in cui Jep, durante un’ altra festa, conversando con un’ amica le dice con sarcasmo pungente “i nostri sono i trenini più belli di Roma, perché non vanno da nessuna parte.” , e lei annuisce sorridendogli con un’ espressione inebetita dalla cocaina.

Naturalmente c’è dell’ altro, Sorrentino punta proprio sul sarcasmo piuttosto che sull’ ironia, per mostrarci i lati cupi della “società del disfacimento” con tutta una serie di personaggi grotteschi che, travolti come Jep nel vortice della mondanità, sono alla ricerca estrema e insensata della bellezza, dell’ apparire più che dell’ essere: la stessa Stefania, o Romano (Carlo Verdone) uno scrittore di teatro frustrato che non riesce a realizzarsi per paura di non essere all’altezza del mondo che lo circonda, che cerca di corteggiare inutilmente una donna che non fa altro che approfittare delle sue attenzioni, e che, alla fine, deluso da Roma, l’ abbandona tornando nel suo paese d’ origine e degnando solo Jep del suo ultimo saluto, oppure Lello (Carlo Buccirosso) un ricco e loquace venditore di giocattoli, infedele alla moglie Trumeau (Iaia Forte), e Viola (Pamela Villoresi) una donnetta dedita ai pettegolezzi, che dopo la morte del figlio suicida, dona tutti i suoi beni alla chiesa cattolica e diventa missionaria in Africa. Ci lascia con l’ amaro in bocca soprattutto la figura del Cardinale Bellucci (Roberto Herlitzka), intrufolato in tutte le feste, il cui unico interesse è deliziare gli ospiti con le sue ricette succulente. Infatti quando il protagonista si rivolge a lui per delle domande sulla fede e sulla spiritualità, scopre con disgusto che l’ uomo di chiesa non possiede alcuna risposta. In questo marasma caotico, facendo la conoscenza di Ramona (Sabrina Ferilli), una spogliarellista quarantenne, Jep inizia il suo percorso verso “la redenzione”, in lei inizia a scoprire la genuinità e il piacere della semplicità del volersi bene, anche senza aver fatto l’ amore. Ramona, malata di una malattia incurabile muore. Un altro incontro cruciale per la svolta decisiva è quello fatto con Suor Maria, “la santa” che Dadina (Giovanna Vignola), redattrice della rivista per cui Jep lavora, vuole intervistare. La figura di Suor Maria è in netto contrasto con quella del Cardinale Bellucci, una donna che ha dedicato a Dio e agli altri la sua vita, sposando la povertà e vivendo per soccorre i malati del terzo modo. La santa stessa, giunta eccezionalmente in visita a Roma, esprime il desiderio di conoscere Jep, l’ autore del romanzo che in gioventù l’ aveva tanto colpita. Sarà proprio Suor Maria a rivolgere a Jep la domanda decisiva sul perché avesse smesso di scrivere, ed è questo il momento in cui lui troverà il coraggio di rispondersi con sincerità. “E’ tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e il sentimento. L’ emozione e la paura. Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza, e poi lo squallore disgraziato e l’ uomo miserabile.”

Solo alla fine però, Jep si reca presso l’ Isola del Giglio per un reportage sul naufragio della Costa Concordia, e qui grazie al flashback del suo primo incontro con Elisa (la sua prima ragazza), trova finalmente il coraggio per ricominciare a scrivere, per ricominciare.

Un capolavoro. Un film che sfonda per la profondità del sentimento, per la forza del pensiero. Tecnicamente uno spettacolo per la fotografia, la scenografia: Roma, e la colonna sonora che fa venire i brividi, l’ accostamento del sacro al profano. I tempi dedicati alle varie fasi della storia sono perfettamente calibrati, Sorrentino racconta senza fretta e senza mai indugiare troppo. Non c’è niente di incomprensibile, nessun segreto. Eppure il film, appena insignito dell’ oscar, e trasmesso in televisione lo scorso 5 marzo, ha fatto molto discutere, ha diviso l’ Italia. Da molti è stato profondamente criticato per il suo significato scomodo, che fa male da un certo punto di vista perché rappresenta non solo il dramma di ognuno di noi, ma mette anche in luce molti lati oscuri dell’ Italia, come la mafia, la decadenza della chiesa, delle istituzioni e dei singoli individui. Questo è il motivo per il quale non è stato accettato da alcuni, e da altri non è stato proprio capito. Infatti è stato additato come film intellettuale, pesante, noioso, soporifero, ed è addirittura stato soprannominato per contrappasso “la grande schifezza”.

L’unica “mancanza” da parte del regista è stata la scelta di dare al film un’ impronta d’ élite, i tempi lunghi andrebbero ammirati in tutto il loro fascino, ma oggi il pubblico soprattutto italiano, è abituato all’azione e alla comicità immediata, di fronte ad un film notevolmente più statico in tanti hanno commesso la sbaglio di giudicarlo frettolosamente, e con superficialità, senza nemmeno guardarlo e comprenderlo integralmente. La grande bellezza del film sta nella magia della struttura, una Roma mozzafiato oggi, ma splendete anche per i valori del passato, dell’ arte e della cultura, accompagnata da una colonna sonora di tutto rispetto, tutto questo fa da cornice alla storia drammatica di Jep, nella quale il titolo diventa quasi un ossimoro.

Sicuramente, uno dei migliori film degli ultimi anni (il migliore tra gli Italiani di sicuro), in fondo l’ oscar come miglior film straniero è arrivato, e non a caso, possibile che si siano sbagliati così clamorosamente nell’ assegnazione? Quindi sinceri complimenti a Sorrentino e ad un eccezionale Toni Servillo. Ma complimenti anche ad un popolo italico ipocrita che si è pubblicamente compiaciuto del (meritato) successo del film nel mondo, solo doverosamente dopo il riconoscimento dell’ oscar, ma che, ancora oggi, come quando il film è uscito, sotto sotto continua a criticarlo ferocemente, o a denigrarlo come film di scarsa qualità… Sentir dire dalla maggior parte degli italiani che sono rimasti delusi, o che si sono addormentati in poltrona martedì sera, sinceramente un po’ mi spaventa, considerando che poi guardano con molta più soddisfazione i cine panettoni, Checco Zalone e il GF.

Valentina Nimis

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