Debutta lunedì 31 marzo al Politeama Rossetti, Una notte in Tunisia, spettacolo molto apprezzato che nasce dalla penna di Vitaliano Trevisan, dall’ispirata regia di Andrée Ruth Shammah e da un Alessandro Haber definito “in stato di grazia”, perfetto nel non semplice ruolo di X. La lettera allude a uno dei personaggi più controversi della storia recente, Bettino Craxi. E poi la figura di Cecchin, veneto come l’autore, cameriere che stempera il clima di tragedia e la impagina al contempo, incalzandone il ritmo… Al centro di Una notte in Tunisia sono le ultime ore dell’esilio africano di X: ore di bilanci, amarezze, speranze, paure, di frustrazioni e solitudine… Ore immaginate e sgorgate dalla scrittura allusiva e intelligente di Vitaliano Trevisan, drammaturgo di solido talento più volte apprezzato nelle stagioni dello Stabile regionale (in questa stessa, ad esempio, per l’efficace adattamento del Riccardo III interpretato da Alessandro Gassmann). Sfondo della vicenda è una Tunisia arcaica, di profumi e di vuoti, ed una scenografia “che respira”, fatta di garze leggere, mosse dal vento e percorse da suoni: più tenda berbera che reggia d’un esilio dorato. Un’ambientazione corretta per un testo che mira più all’universalità che al cronachismo, e che s’ispira infondo, ad un uomo il cui tempo è già storia… Fin dalla prima scena, si dice di X che “neanche morto vuol tornare in Italia”, ma l’intero testo è attraversato dalle ansie e dagli sforzi degli altri per rendere possibile un suo ritorno, visto l’aggravarsi della sua condizione di salute: un ritorno dunque bramato dalla moglie (Maria Ariis) che vorrebbe poter far operare X dai medici migliori, e meditato dal fratello (Roberto Trifirò) in preda a contraddizioni e paure. E intanto X domina il quadro e si staglia su tutti con forza, animato delle sue riflessioni, con un testamento di “credo” e di pensieri da affidare ai posteri, con i suoi rancori e le prospettive, con il suo bisogno di ragionare, di leggere, di capire… A tanto pensiero fa da contrappunto la figura della moglie, connotata da amore, totale: per lui, per i figli, per la famiglia. Amore indomito che si appiglia disperatamente a ogni possibile prospettiva e soluzione. Alessandro Haber ha lavorato con profondità – guidato dalla regista – nello spazio di questo contrasto, scavando nelle parole, tante, che Trevisan gli affida. Il suo X è stato infatti paragonato ad uno di quegli anziani, ossessivi protagonisti di Thomas Bernhard. Così l’attore si lascia abitare con naturalezza da un’energia compressa, sempre pronta ad esplodere, così simile a quella di X. Lo spettacolo risulta allora percorso da tensioni, da intenzioni forti, dalla fisicità e dal talento vorace di Haber che tutti hanno indicato qui, vivere una delle sue prove più controllate e drammatiche. Una prova che – assieme all’accurato e mai scontato meccanismo che la avvolge – lascia lo spettatore nient’affatto pacificato: nessuna oleografia né alcun messaggio rassicurante o univoco, come non lo è tuttora il giudizio su quel momento politico. Domande piuttosto, e tante: far rimuovere dai migliori medici il male che divora X (un traslato del male del Paese) lo avrebbe salvato? E rimuovere X ha salvato l’Italia? La potrà salvare? Ogni spettatore cercherà – se è possibile – la propria risposta, alla luce anche della realtà che stiamo vivendo.
Una notte in Tunisia di Vitaliano Trevisan con Alessandro Haber e con Maria Ariis, Pietro Micci e Roberto Trifirò è uno spettacolo di Andrée Ruth Shammah, prodotto dal Teatro Franco Parenti.
Con la regista hanno collaborato Barbara Petrecca per le scene e i costumi, Gigi Saccomandi per le luci, Yuval Avital per la scenografia sonora di “Mise en abime”. La sperimentazione sonora è stata realizzata da RAI-Direzione Strategie Tecnologiche con il CRIT di Torino e il CPTV di Milano. I cieli proiettati sul fondale sono di Pietro Guccione.