Intorno al tavolino del bar c’è il gruppo quasi al completo. Allora gente, parlatemi di voi: da dove venite, cosa vi ha portati fin qui e dove avete in mente di andare. Il racconto dei Kaiorda comincia: Un’intervista con loro è coinvolgente per quello che raccontano e a tratti esilarante a tratti toccante per come te lo raccontano.
E’ Claudio Arena che comincia e mi spiega che il gruppo nasce nel 2005, nella formazione originaria, coll’idea di recuperare la musica tradizionale siciliana e rimane su quest’impronta fino alla collaborazione coll’attore e regista Lollo Franco, che affida loro parte della colonna sonora di uno spettacolo teatrale. A quel punto, mi confida Paolo Carrara, è scoccata una scintilla, l’idea, cioè, di impostare la produzione artistica dei Kaiorda su musica, canto e teatro insieme. Teatro che prende la forma sia dell’interpretazione in prosa e poesia sia della danza. Di qui la collaborazione colla ballerina Linda Mongelli e coll’attrice Elena Taormina.
Dei lavori successivi mi parlano di Sàfar e di Fimmini, il primo messo in scena nei giorni scorsi a Udine, Trieste (al Teatro Miela a cui abbiamo assistito) e Venezia. La gestazione di Sàfar se da un lato ha riscontrato numerose difficoltà, dovute ai mezzi limitati, alla mancanza d’esperienza in fatto di produzione e organizzazione – non certo quella musicale, aggiungo io – e agli inevitabili errori che ne sono scaturiti e che sono stati pagati di tasca propria, dall’altro ha permesso al gruppo di consolidarsi e di farsi le ossa in ogni ambito in cui ci si deve cimentare, per dare alla luce un lavoro di questa complessità.
Sàfar è stato autoprodotto, sono state curate in proprio la regia, che all’inizio doveva essere affidata ad altri, la coreografia e gli aspetti tecnici di scena e tutte le scelte artistiche sono state discusse, raccogliendo le idee e le impressioni di ciascuno dei componenti. Le decisioni sono state prese insieme, con tutto ciò che implica mettere d’accordo tante persone, ciascuna delle quali vuole dire la sua e metterci del proprio. Ridono, ironizzano su come propongano agli altri le idee sugli arrangiamenti e i pezzi da provare e sul fatto che queste idee vengano puntualmente bocciate dal resto del gruppo, quindi riproposte, ridiscusse e alla fine accettate e tradotte in pratica, naturalmente rimaneggiate da tutti. Rido anch’io, immaginandomi le scenette in sala prove. Tra i Kaiorda non ci sono un capo e dei meri esecutori: “Siamo come una famiglia” dice Emanuela Fai, “stiamo insieme anche al di fuori del palco e come tutte le famiglie ci confrontiamo, discutiamo, litighiamo, ma ci vogliamo bene e c’è armonia.”
“Sì, litighiamo, litighiamo, litighiamo…” rimarca il concetto Virginia Maiorana, nel caso mi fosse sfuggita la parola e Bruna Perraro mi dà subito una dimostrazione pratica di rilancio-di-idea-precedentemente-cassata, insistendo cogli altri su un brano da introdurre……. Risate.
Quest’atmosfera serena e questo affiatamento si avvertono chiaramente anche quando sono sul palcoscenico: se il gruppo si diverte, lo spettatore può godere di qualcosa in più, oltre alla bellezza artistica e all’esecuzione impeccabile. L’altra sera al Teatro Miela di Trieste per me è stato così. Oltre che dai contatti raccolti nell’organizzazione del tour, partito da Udine il 2 aprile al Teatro Palamostre e terminato venerdì al Laboratorio Morion di Venezia, i Kaiorda sono stati ripagati da un’accoglienza calorosa e nella serata veneziana hanno trovato spazio anche per un fuori programma, in cui hanno avuto il loro bel da fare per stare dietro al pubblico. Giovanni Costantino mi mostra le mani coi segni delle fatiche della sera prima. Colla breve torunée nel Nord-Est hanno portato in giro un viaggio, Sàfar appunto, che idealmente parte dalla Sicilia, per toccare varie regioni dell’Italia meridionale e alla fine tornare nella terra di partenza. In questo percorso si legge una metafora del Viaggio di scoperta e presa di coscienza, che si manifesta come necessità interiore dell’individuo, ma anche un preciso riferimento alla Sicilia e al suo Popolo, alla situazione in cui versano, al fatalismo e alla disillusione che li contraddistinguono e all’apparente contraddizione che spinge il viaggiatore lontano, come in fuga, ma che lo fa poi tornare con
caparbia e voglia di opporsi allo sfacelo, senza rassegnarsi all’abbandono. In tal proposito, ad una mia precisa domanda, rispondono che certamente le stragi di Capaci e Via D’Amelio hanno segnato uno spartiacque, un prima e un dopo, nella presa di coscienza collettiva e nella volontà di combattere.
Fimmini, ovvero Donne, per certi versi è ancora più crudo, non solo per gli argomenti trattati, ma anche per le immagini che suscita e artisticamente parlando raggiunge un’ancora più stretta contaminazione di teatro e musica, dato che i tratti recitati sono costantemente accompagnati dalla parte strumentale.
Di certo per il futuro ci sono due capisaldi da cui partire: la forma del concerto-spettacolo, che li distingue da tanti gruppi, pur molto bravi, che fanno musica tradizionale nella sola forma strumentale e cantata, e l’intenzione di scrivere e privilegiare pezzi loro, a riprova dell’entusiasmo e della passione che vivono e che vogliono trasmettere attraverso la loro arte. Insomma ancora prove, discussioni, litigate, accordi, non solo musicali, e alla fine pezzi costruiti insieme, in cui ciascuno mette le proprie idee e il proprio estro, forti dell’esperienza accumulata in passato. Il tutto portato in scena, a giudicare dalla rappresentazione di Sàfar di giovedì scorso, non già da un gruppo di solisti, ma da un amalgama sorprendente. Ciò per quanto riguarda l’aspetto prettamente artistico, mentre dal lato organizzativo, finora curato anch’esso in completa autonomia, un agente che si sobbarcasse l’impegno tornerebbe molto utile e se qualcuno ha orecchie per intendere, si faccia avanti!
Le prossime date saranno il 23 aprile al Teatro exCinema Edison, in seno ad una due-settimane organizzata dall’Università di Palermo e il 27 giugno, sempre a Palermo, quando saranno tra i primi ad andare in scena nel Nuovo Teatro La Cripta, uno spazio molto suggestivo, tutt’ora in fase di recupero.
Grazie gente, buon Viaggio.
Contatti: http://kaiorda.blogspot.it/
Il gruppo che ha lavorato a Sàfar:
Bruna Perraro – flauto traverso, voce, cori
Claudio Arena – flauti dritti
Davide Emmolo – chitarra acustica, bouzouki
Elena Taormina – voce recitante
Emanuela Fai – voce
Emanuela Lodato – tammorra, tamburello, riqq, voce, cori
Giovanni Costantino – tammorra, tamburello, darbouka, cajon, maranzano
Linda Mongelli – danza
Massimo Provenzano – basso acustico
Paolo Carrara – oud, bouzouki, mandola, mandolino, chitarra barocca, chitarra rinascimentale
Raffaele Pullara – chitarra, violino
Silvio Natoli – basso, contrabbasso, viola da gamba
Virginia Maiorana – fisarmonica