È stata annunciata ieri, al Visionario di Udine, la line-up del Far East Film Festival 16. L’edizione 2014, che presenterà 60 titoli, si aprirà il 25 aprile con la prima internazionale di Aberdeen, nuovo capolavoro di Pang Ho-cheung, e si chiuderà il 3 maggio con il sequel diThermae Romae, sempre in prima internazionale. Alla conferenza stampa hanno preso parte l’Assessore regionale alla Cultura, Gianni Torrenti, il Sindaco di Udine, Furio Honsell e il Presidente del Fondo per l’Audiovisivo del Friuli Venezia Giulia, Paolo Vidali.
UDINE – Poco più di un anno fa, il quindicesimo Far East Film Festival si chiudeva sotto il segno di una promessa. Una promessa dentro cui abitavano due diversi stati d’animo: l’amarezza per i massicci tagli subiti e l’orgoglio per esserne usciti a testa alta. We will never give up! Non ci arrenderemo mai! Ora, mentre il conto alla rovescia sta rapidamente ticchettando verso la
sedicesima edizione (a proposito: l’hashtag ufficiale è #FEFF16), quella promessa trova nuova linfa. Non solo in una line-up già destinata a lasciare il segno, ma anche nell’appoggio – sempre più concreto e convinto – da parte degli enti economici della città. Il FEFF è una realtà su cui scommettere, lo è da tempo, e basterebbero le due prime internazionali di apertura e di chiusura per restituire la portata dell’imminente capitolo 16: grande opening night venerdì 25 aprile con Aberdeen di Pang Ho-cheung, insolito dramma borghese che richiama le atmosfere “altmaniane” di America Oggi, e super closing night sabato 3 maggio con il fantasy peplum Thermae Romae II di Takeuchi Hideki. Anno dopo anno, edizione dopo edizione, il campo visivo del Far East Film Festival si è progressivamente allargato fino a diventare (giochiamo con il lessico cinematografico?) un campo lunghissimo. Un campo lunghissimo dove troveranno collocazione oltre 60 titoli della migliore produzione popolare asiatica: blockbuster, futuri cult movie, outsider degni di scommessa e, come sempre, ottimi fuori pista d’autore. 9 differenti realtà produttive (Hong Kong, Cina, Giappone, Corea del Sud, Thailandia, Malesia, Indonesia, Filippine, Taiwan) per uno sguardo ampio e curioso che non discrimina le opere commerciali di qualità ma punta a mettere a fuoco l’intero arco della produzione asiatica sia in versione più colta che popolare. Il FEFF 2014 – va detto – registra un prepotente ritorno dei film di genere, dagli action ai thriller, ed è interamente attraversato da un tema di fortissima attualità: quello dei social network. Li vediamo operare sullo schermo, tracciando una linea che congiunge idealmente moltissimi titoli della selezione (dall’hongkonghese May We Chat? al filippino Shift, fino al giapponese The Snow White Murder Case), e li vediamo operare anche a livello simbolico. Li vediamo, cioè, rappresentare tutte quelle connessioni che nutrono il mondo contemporaneo, accorciando sempre di più le distanze anche fra il nostro Occidente e il Lontano Oriente…
Quest’anno, per la prima volta, i riflettori si accenderanno sul pianeta del documentario: vedremo, tra gli altri, Boundless (girato sui set di Johnnie To) e The Search for Weng Weng, che riporta agli onori della cronaca il più pazzo degli attori asiatici: la vera storia di un nano seduttore, esperto di kung fu, che negli anni Settanta faceva il James Bond filippino! Per gli amanti della musica colta, poi, ci sarà il coreano Hello Orchestra?! che è insieme una riflessione sull’arte e la commovente descrizione di un’orchestra di bambini. Il doppio focus 2014, invece, sarà dedicato al cinema hongkonghese, con un omaggio all’Imperatore dell’action – Dante Lam – e con un ospite d’onore che di quel cinema (o meglio: della sponda indipendente di quel cinema) è protagonista assoluto: Fruit Chan. Autore di capolavori come Made In Hong Kong e Durian Durian ha raccontato gli squilibri e le contraddizioni della post-riunificazione e ora, con il nuovissimo The
Midnight After (a Udine sarà presentata la versione definitiva, dopo il passaggio al Festival di Berlino) lancia l’ultimo grido di allarme su un mondo che sta per scomparire. Ma se Hong Kong – occorre specificarlo? – sarà anche sinonimo di thriller (pensiamo a Firestorm con Andy Lau!), toccherà alle Filippine la parte del leone, dopo una stagione di autentica e, forse, inattesa rinascita. Spostando la visuale più a Est, fino al Giappone, non mancheranno poi i thriller psicologici alla David Lynch come Bilocation di Mari Asato (già assistente alla regia di Kurosawa Kyoshi), mentre la Corea del Sud si confermerà un’autentica e vibrante fonte di luce: dal thriller Cold Eyes (remake dell’hongkonghese Eye In The Sky prodotto da Johnnie To) al suspense-action The Terror LIVE, senza dimenticare The Attorney di Yang Woo-seok, il più bell’esordio dell’anno, con lo straordinario Song Kang-ho (che di recente abbiamo visto in Snowpiercer) e Very Ordinary Couple della regista Roh Deok, che con la sua raffinata ed eccentrica escursione nella commedia sentimentale riporta al cinema commerciale una inaspettata freschezza.