Gorizia, 7 ottobre 2014 – La memoria non solo come pratica continua ed esercizio di testimonianza, ma anche come imperativo etico: a un anno esatto dalla consegna del “Fondo Macor” all’Archivio di Stato di Gorizia, la presentazione dell’estratto della rivista «Ce fastu?» con le relazioni di quella giornata ha permesso di riflettere sul tema della memoria negli scritti di Celso Macor. Questo l’argomento affrontato nell’affollato incontro organizzato dalla Cassa rurale ed artigiana di Lucinico Farra e Capriva, con il patrocinio della Società filologica friulana e della Consulta provinciale per la comunità friulana dal titolo “Celso Macor: la memoria e le parole”.Dopo l’introduzione di Renzo Medeossi, presidente della Cassa Rurale, il tema è stato sviluppato da Gabriele
Zanello, che ha parlato di “La memoria nelle parole”, e da Maria Chiara Visintin, che si è occupata di “Le parole nella memoria”. Le relazioni sono state corredate dalle letture di Mariolina De Feo e Barbara Macor. Come rimarcato dai relatori, nelle opere di Macor il tema della memoria non è affrontato attraverso specifiche riflessioni teoriche, ma affiora più raramente e spesso velato dalla parola poetica. Il linguaggio simbolico rinvia alla musica e ai suoni della lingua materna, ma nello stesso tempo diventa portatore di testimonianza, dell’urgenza etica della costruzione di legami di memoria tra le generazioni, tra il passato e il futuro: «prin che dut al vegni inglutît dal scûr». Ricordare per Macor non è un’azione celebrativa, retorica o acritica. Nei suoi scritti l’autore riesce a usare il friulano come strumento adatto a fare verità, osservando il passato con uno sguardo ampio, che ne rispetti la complessità e dia conto anche della pluralità di vedute. La sua preferenza è diretta ai più deboli, ai dimenticati, a coloro che la storiografia ha passato sotto silenzio. Macor in friulano esprime sentimenti e idee in modo vivo, concreto, accessibile. Grazie al friulano diventano concrete le parole della sua memoria, che è anche memoria collettiva, di un mondo che egli percepisce essere sulla via dell’estinzione. Così le parole degli scritti di Celso Macor non vanno possedute, ma gustate, non interpretate ma meditate nel silenzio della “terra” di ciascuno.