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ALLE GIORNATE DEL CINEMA MUTO CON LA CORAZZATA POTEMKIN SONORIZZATA E I GRANDI DIVI DI HOLLYWOOD

Venerdì 10 ottobre, Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone

Il pirata nero

Il pirata nero

BLACK_PIRATE_03Il grande spettacolo è servito alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone con Il pirata nero (1926) di Albert Parker che issa le sue bandiere sullo schermo del Teatro Verdi alle 20.30, subito

dopo la cerimonia di premiazione del Premio Jean Mitry. Il film è un compendio di tutti gli elementi caratteristici del genere: avventura e comicità, amore e suspense, passaggi segreti e tesori nascosti, duelli alla spada e sfoggio di acrobazie. Un ruolo su misura per le caratteristiche divistiche ed atletiche di Douglas Fairbanks, che appena smessi i panni di Robin Hood è subito pronto ad entrare in quelli del pirata in un altro ruolo che lo farà entrare nella leggenda. Il pirata nero rappresenta il punto più alto della ricerca della Technicolor sul colore, il primo lungometraggio interamente a colori che abbina in modo creativo il colore a una storia solida dalla confezione sontuosa. Di questo era profondamente convinto lo stesso Farbanks, (che era anche uno che fiutava gli affari, cofondatore con Chaplin, Mary Pickford e D.W. Griffith della United Artists) che volle fin dall’inizio che ci fosse il colore. Già nel gennaio dichiarò ad una rivista: “I film di pirati che ho visto sinora erano sempre deludenti perché erano tutti in bianco e nero, mentre il colore è il vero tema, il carattere peculiare della pirateria…il film richiede assolutamente il colore”.

LA CORAZZATA POTEMKIN

LA CORAZZATA POTEMKIN

Ma la grande spettacolarità si trova anche, a sfatare definitivamente radicati luoghi comuni, nella Corazzata Potemkin. Viene quasi da dire che anche nella cinematografia, come nella politica e nella corsa allo spazio, le due superpotenze mondiali avessero iniziato già allora la sfida per la supremazia mondiale. L’arma di Eisenstein è l’epica, il racconto dell’insurrezione dei marinai contro le angherie e i soprusi degli ufficiali zaristi. Il film ebbe un esito trionfale non in patria ma in Germania con le musiche composte dal viennese Edmund Meisel in totale sintonia con il regista. Quando nel 1930 il distributore tedesco del film volle farne una versione sonora, aggiungendo alla musica, cori, effetti sonori e dialoghi, fu sempre a Meisel che venne affidato l’incarico, e per il parlato scelse gli attori di Piscator. Le Giornate propongono proprio questa versione sonora (al Teatro Verdi alle ore 12) e questo è il motivo per cui gli attori parlano in tedesco. Negli anni La corazzata Potemkin, a lungo censurata in occidente per il suo carattere rivoluzionario (in Italia si è potuta vedere soltanto dal 1960), è diventata uno dei film più famosi di tutti i tempi e la maestria del montaggio e la forza delle immagini ne fanno un’opera immortale.
Gli spunti di interesse non si limitano a questi due titoli. Alle 16 per la sezione Riscoperte, The Good Bad Man, del 1916 con Douglas GBM_01Fairbanks e la regia di Allan Dwan, uno dei registi più prolifici di Hollywood (la sua filmografia fra muto e sonoro comprende più di 400 titoli). È un western molto particolare, che racconta la storia di un fuorilegge buono, una specie di Robin Hood che ruba ai ricchi per aiutare i bambini nati fuori dal matrimonio. Tema molto sentito da Fairbanks, che del film fu anche sceneggiatore e produttore, perché rifletteva la sua storia personale. Egli infatti aveva solo cinque anni quando suo padre abbandonò la famiglia. Un’altra osservazione riguarda la presenza nel cast nel ruolo di direttore della fotografia di Victor Fleming, il futuro regista di Via col vento.
Completano il quadro della giornata per la rassegna sui Barrymore due film in cui John, il più affascinante e famoso della famiglia, dà il meglio di sé: The Beloved Rogue, del 1927, (al Teatro Verdi alle 10.20) di Alan Crosland sulla figura del poeta François Villon ambientato nella Francia medievale; e Beau Brummel, del 1924, (al Teatro Verdi alle 17) di Henry Beaumont, sulla figura del più famoso dandy inglese, vissuto a cavallo tra ‘700 ed ‘800, il cui nome è ancora sinonimo di stile ed eleganza. Entrambe le produzioni si caratterizzano per la cura e la sontuosità della ricostruzione storica.

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