Come va visto questo “Finis Terrae”, andato in scena al Teatro Rossetti come finestra di apertura della nuova stagione 2014-2015?
La prima impressione è quella di un pugno alla bocca dello stomaco verso l’ipocrisia e l’indifferenza …per come questo dramma scenico sull’immigrazione e la tolleranza vengono rappresentate dalla regia di Antonio Calenda, nonché ideatore del progetto, scritto con abilità di di battute ironiche e dialoghi profondi con parentesi di vera liricità drammatica, da Gianni Clementi. Raccontare spettacoli meravigliosi come quello a cui abbiamo assistito ieri sera è sempre un rischio. Si rischia di cadere nella banalizzazione, perché crediamo che spettacoli con un testo che affronta da un’angolazione particolare e non scontata i temi attualissimi e dolorosi dell’immigrazione, della diffidenza e del pregiudizio, dell’accoglienza.con problematiche così attuali e con la leggerezza espressa in scena vanno visti, e vissuti. La tragica realtà della migrazione dei popoli in sofferenza, per fame, guerre, povertà, vengono rappresentati come un atto di accusa, ma con una venata poesia e una speranza di soluzione contro l’indifferenza dei ben benpensanti. Spettacolo di denuncia verso una indifferenza che ci coinvolge un po’ tutti e da cui non siamo capaci di uscirne ricco di contenuti alti, morali, etici. Bravissimi in scena Nicola Pistoia, Paolo Triestino due attori di grande comunicabilità, abilità e sincerità di tempi. La povertà materiale e quella spirituale, di valori, di umanità; la dignità e la discriminazione, la guerra e l’accoglienza, il bisogno imperioso di speranza… è infatti in questi temi il nucleo profondo di Finis Terrae. Si tratta di un apologo sulla povertà, sul destino degli ultimi della terra, perseguitati, forzati alla migrazione sulle nostre coste, dove troveranno però una realtà corrotta dalla superficialità e dalla cultura del benessere e del consumo. Una realtà in cui un uomo vale per quanto possiede e non per ciò che è, e dove nella dilagante indifferenza e nella costante insoddisfazione sta andando perduto il senso della responsabilità e della compassione. Coinvolgente è l’arrivo notturno dei profughi uscenti dal mare, tutti in possesso di una croce i cui elementi posizionati sulla sabbia formeranno lo scheletro-prigione di una imbarcazione. La presenza di questi personaggi di colore creano in scena ciò ché Calenda ha saputo amalgamare con cambi di situazioni, dal quotidiano al metaforico, consegnando agli interpreti tutte le potenzialità espressive per la dovuta dialettica di scontro con noi “civilizzati” che sono veri pugni nello stomaco ben evidenziati anche in un’ omelia recente di Papa Francesco contro l’indifferenza e la paura dell’altro. Un discorso di ammirazione è quello che dobbiamo rilevare per il gruppo africano(del Senegal, del Mali, del Burkina Fasu) di musicisti, attori, danzatori, interpreti, cantanti, composto da otto elementi, e da una interprete femminile di colore, personaggio portatore di un prossimo parto in coincidenza con la notte di Natale, proprio con la nascita di Gesù, spazio temporale in cui si dipana la storia di due contrabbandieri in attesa di una refurtiva da ritirare in riva al mare, quando arriva la tragedia dei migranti. Gianni Clemente è stato abile nelL’amalgamare nel montaggio delle scene momenti ilari, ironici, necessari per mantenere una complicità col pubblico e far passare il messaggio di rilevante importanza in un racconto non facile da trasportare su un palcoscenico, ma dove il risultato finale risulta entusiasmante. Grazie alle luci di Nino Napoletano, e l’ambientazione ideata dallo scenografo Paolo Giovanazzi con costumi in armonia con le scene di Domenico Franchi. Il pubblico, è apparso attento e coinvolto, ed ha poi vissuto con entusiasmo il momento finale musicale offerto dal gruppo africano, fantastico e coinvolgente nella loro esibizione. Applausi sentiti e prolungati. Il regista Antonio Calenda sceglie la drammaturgia di un autore contemporaneo di notevole interesse come Gianni Clemente e – nei ruoli dei protagonisti – interpreti di comprovato talento e in profonda sintonia come Nicola Pistoia e Paolo Triestino, a cui si affiancano Francesco Benedetto e Ismaila Mbaye, Ashai Lombardo Arop, Moustapha Dembélé, Moustapha Mbengue, Djibril Gningue, Ousmane Coulibaly, Inoussa Dembele, Elhadji Djibril Mbaye, Moussa Mbaye assieme per affrontare, fra onirismo e lancinante verità, temi contemporanei attraverso il senso d’ironia e una malinconia esistenziale alta e placata.
Enrico LIOTTI
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