Assistere ad uno spettacolo di Antonio Rezza è una vera e propria esperienza. Perché colui che ama definirsi non tanto attore ma peformer porta in scena nei suoi spettacoli i tormenti dell’uomo moderno senza peró che ci sia uno schema a cui fare riferimento. E proprio 7, 14, 21, 28 é stato scelto per la seconda serata del cartellone di Contatto 33 al Palamostre di Udine.
Il palco o per meglio dire l’habitat in cui Rezza seminudo si aggira, é stato creato da Flavia Mastrella: tele rosse, lacci, corde, un velo da sposa, una pedana, un’altalena, sono gli attrezzi che gli consentono di raccontare. Cosí vanno in scena sketch dissacranti, il padre sadico che spinge il figlio sull’altalena, l’operaio precario che trova a casa lo stesso clima di oppresssione della fabbrica, i reali zoppi che se corrono dimenticano il difetto fisico e corrono dietro ad un “capriolo” che a sua volta li insegue, il prete pedofilo. Uno spettacolo molto fisico, Rezza non si risparmia e tutti i suoi gesti non sono casuali ma sottolineano la forza delle parole pronunciate. Non solo parole ma anche numeri, quelli che danno il titolo allo spettacolo, abilmente utilizzati in mezzo alle parole stesse per stupire e interagire con il pubblico.
Gli spettatori in sala si divertono, ridono fragorosamente e molto spesso si tratta di risate liberatorie. Poco importa se il messaggio non arriva immediato, ma poi quale é il messaggio. Ogni persona elabora e rielabora quanto vede in base a cio che é e a ció che ha dentro. Forse é proprio questo il fine vero e proprio di questa forma di teatro, del teatro contemporaneo che lascia spazio alla meditazione e alla riflessione interiore.
Maria Teresa Ruotolo
foto Stefania Saltarelli