Sei anni non é una di quelle cifre da celebrazione, numeri tondi e belli da incorniciare come candeline su una torta. Ma sono comunque parecchi, e particolarmente intensi se sei chiamato a dirigere un qualcosa di grande e complesso come un teatro. Se poi quello in questione é il Nuovo Giovanni da Udine, simbolo del capoluogo friulano, l’impegno é a dir poco gravoso.
Un impegno che, esattamente sei anni fa, appunto, assunse Tarcisio Mizzau, Presidente della Fondazione Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Giunto ormai allo scadere del proprio mandato, Mizzau é riuscito in questo periodo a far risollevare il Teatro ne con una gestione economica puntata al risparmio ma anche agli interessi del pubblico, cosa che apparentemente sembrerebbe impossibile ma che invece é vera.
Incontrato pochi giorni fa, abbiamo avuto la possibilità di parlare con quest’uomo dall’aspetto calmo e pacato, non proveniente dal mondo teatrale ma animato comunque da un forte sentimento per questa realtà. Ci spiega il “dietro”, ciò che fa funzionare il tutto e di chi sia, in sostanza, il Giovanni da Udine: <<La Fondazione non è proprietaria del teatro, è in gestione. Di per sé, quindi, non ha qualcosa di materiale da usare come garanzia: possiede però una capacità di reddito di 2 milioni e 400 mila euro, un fondo di dotazione a cui contribuiscono i fondatori: Comune, Provincia e Regione >>.
A Udine, però, quando si pensa al teatro non viene in mente solo il Nuovo. Poco distante, infatti, c’è anche il CSS Teatro Stabile d’Innovazione del FVG con il Palamostre e San Giorgio, oltre ad altre realtà. Come si relaziona con loro il Teatrone? <<É una bella domanda>> ci risponde Mizzau, tirando un sospiro. Ci spiega che gli altri teatri non sono facilmente inseribili con lo stile che si pretende dal Giovanni da Udine, ma le collaborazioni ci sono comunque.C’è con il CSS, con gli spettacoli comici in calendario di questo che saranno portati in scena sul grande palcoscenico (“Velodimaya” di Natalino Balasso, “La Fantastica avventura di Mr Staff” con Lillo&Greg e “Father and son” con Claudio Bisio), e anche con l’Ente regionale teatrale (Ert). Con quest’ultimo sono organizzati gli eventi dedicati ai più piccoli, con il ciclo “Udine Città-teatro per i bambini” che propone le domeniche pomeriggio a teatro.
Ma il tutto finisce qui. <<Più in là é difficile andare>> ammette il Presidente. Ci tiene a rimarcare il fatto che il CSS non é compatibile con il Giovanni da Udine: il primo é d’innovazione, mentre il suo é popolare d’arte. Comunque sia, i due non si disturbano a vicenda, mantenendo anzi relazioni solide.
Una domanda più tecnica, adesso. Nella trattativa tra il Centro Servizi e Spettacoli e il Teatro Rossetti di Trieste, che sembrava sul punto di concludersi positivamente poco tempo fa e oggi arenata, il Giovanni da Udine si era fatto un opinione in merito? Cosa ne pensava? E la risposta non poteva essere altro che tecnica: <<Abbiamo (la Fondazione, ndr) visto la legge, divide i teatri in Stabili e d’Innovazione ma oggi ne hanno cambiato il decreto attuativo>>. Ecco nascere i Teatri Nazionali, ci spiega.
Sono per grandi città, come Trieste appunto, e prevedono 240 giornate di spettacoli, di cui 60 di propria produzione. <<É discutibile, poiché non tiene conto del pubblico>> commenta Mizzau, chiarendo anche perché il Teatro ne non ne é coinvolto: non fa proprie produzioni. L’unico punto su cui può rientrare é riguardante l’attività musicale, poiché basta la presentazione di 15 concerti, cosa che di per sé va già oltre i 20. <<Saremmo disponibili a condividerne qualcuno con il CSS, se servisse per la trattativa>> conclude il Presidente.
Un sorriso fa da sfondo alla fine dell’incontro. Gli impegni lo chiamano, all’ultimo anno di questo lavoro. Quello che verrà dopo nessuno lo sa, il successore deve essere ancora deciso, ma ciò che é stato tutti lo conoscono. Oggi Udine ha stretto un rapporto di estremo effetto con il palcoscenico, sapendo apprezzare grandi nomi e future promesse passati per di qui. Si deve continuare di questo passo, per sperare veramente che il domani sarà diverso da questo presente senza fantasia
Timothy Dissegna