“Do not disturb”, quando il teatro si fa in albergo.
Format originale, che proposto da Nuovo Teatro Sanità, porta il teatro in uno spazio inedito: le camere d’albergo.
Non sfugge niente in una circostanza così, dove la prova d’attore rompe gli schemi classici e la tensione, se c’è, si attacca addosso.
Succede così, che a spettacolo finito, nessuno si alza per andar via dalle 22 sedie allestite in una stanza qualunque della Galleria Primo Piano di Napoli in Via Foria 118.
Dal 30 gennaio al 1 febbraio 2015, l’occasione è stata data dalla rassegna “Oltre ogni possibile fine”, Pasolini a Napoli a quarant’anni dalla morte.
Claudio Finelli è autore, mai banale, oggi ispirato a “Gennariello” di Pasolini; Mario Gelardi regista acuto che non si smentisce in alcun luogo; Riccardo Ciccarelli e Michele Danubio coppia di attori concentrati e decisamente all’altezza del compito.
“Giacchè sono un intellettuale è come se fossi scollato dalla realtà?”
Domanda che colpisce gli astanti, che a metà tra imbarazzo e morbosità, si ritrovano seduti in una camera da letto spartana ma che odora di vita.
Orpelli religiosi al collo e al braccio del personaggio “intellettuale”, di cui non verrà mai svelata la vera identità, hanno creato aspettative fantasiose rispetto alla motivazione, più che all’esito, della dinamica tra i due. Simboli un pò forti per non avere nessuna funzione nella storia.
“La grande tribù” è un lavoro per niente facile, ma ben riuscito.
Gli attori sono vicini, gli spettatori si sentono parte della vicenda, al punto che vien quasi da intervenire quando il giovane “marchettaro” mangia qualche parola, mentre è deliziosamente assorto nel suo flusso vitale.
È l’universalità del donchisciottismo misto alla semplicità dell’incontro, ad essere interessante. Come lo stesso regista spiega è “L’incontro che ti cambia lo sguardo. Che trasforma la vita. Forse la svela. E svela il sogno che è promessa e senso”.
Tutti in una stanza di 20mq, eppure proprio perché non ci sono distanze, sembra non ci siano pareti, né in muratura né mentali.
Anita Laudando