Mare nostrum, lo chiamavano gli antichi romani. Il Mediterraneo è stato considerato per secoli una specie di “prolungamento” della nostra penisola, dai fasti gloriosi dell’Impero di Roma al dominio commerciale e politico delle repubbliche marinare, fino ai folli progetti nazionalisti del fascismo. Ed è per questo che il grande mare europeo, prima ancora della scoperta di nuove tratte commerciali che sposteranno le navigazioni verso l’Olanda e l’Inghilterra e poi nell’Atlantico, è stato protagonista di una parte importante della nostra storia, e continuo ad esserlo ancora. Ma non si parla più di trionfi.
Oggi, infatti, ad attraversare quelle acque sono i barconi “pirata”, il cui unico bottino sono disgraziati in fuga che hanno pagato oro quel tragitto, spiccioli per iniziare a sognare lontano da casa. Ma i loro desideri sono destinati a bruciare e diventare presto incubi, nel blu beffardo che separa le coste nordafricane da quelle siciliane, prima tappa di un tragitto che vogliono continuare in altri Paesi, altre spiagge su cui cercare un futuro diverso dall’orrore dietro di loro. E gli unici pirati sono nascosti dall’ombra, spettri senza nome che gettano verso destini maligni gente allo sbando, certi che una volta a terra i demoni saranno quelli che fuggono. E non loro, mercanti di morte.
Chissà cosa penserebbero i naviganti delle varie Genova, Napoli, Venezia all’epoca del loro splendore, che sulle coste europee e dell’Asia minore fecero fiorire i grandi commerci e perfino città, come nella penisola balcanica. Se vedessero cos’è diventato oggi il Mediterraneo, un immenso cimitero tra il continente nero e la periferia del Vecchio Continente, mentre l’Italia intera grida parole di vergogna per quelle morti. E subito dopo applaude i partiti xenofobi, perché “mica possiamo tenerli noi, quelli là”. Ma in fondo tantissima differenza non c’è, tra questi periodi storici: le repubbliche marinare organizzarono perfino una crociata per incrementare i propri affari, non facendosi molti scrupoli nel portare la morte ad innocenti.
A breve l’Unione Europea si siederà attorno all’ennesimo tavolo rotondo, per discutere ancora su cosa fare per porre un freno al massacro che, giorno dopo giorno, stronca vite senza sosta. Il vero problema, però, non va ricercato in chi decide di imbarcarsi su queste carrette senza futuro, bensì in chi c’è dietro veramente. E l’impressione che si ha, in tutti questi anni di morti citati come sterili statistiche, è che pochi vogliano veramente svelare lo strato di polvere che copre tutto: l’umanità è un qualcosa che non tutti vogliono.
Timothy Dissegna