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Aung San Suu Kyi: una vita per la libertà

Un viaggio nella storia dove i valori e gli ideali e la politica vengono prima di tutto, prima di se stessi, prima degli amori, della famiglia, dei figli. “Vita agli arresti di Aung San Suu Kyi”,  l’ultimo lavoro del Teatro delle Albe firmato da Marco Martinelli, rappresentato al Palamostre di Udine per Teatro Club racconta della donna birmana premio Nobel per la pace che ha offerto la sua vita affinché qualcosa potesse cambiare nel suo paese.

La storia parte dalla vita della donna figlia di un padre della patria che viene assassinato quando era solo una bambina di due anni e del suo opporsi alla dittatura instaurata dai generali. Tornata in patria dall’Inghilterra dove viveva con marito e figli, per curare la madre malata decide di stare con il suo popolo e inizia a sfidare i generali. Se i suoi compagni di lotta vengono incarcerati e sottoposti a torture indicibili, lei viene messa agli arresti domiciliari per vent’anni costretta alla miseria, all’isolamento e alla calunnia continua. Lei deciderá di rimanere in Birmania anche alla notizia della grave malattia del marito (che non vedrá piú) perché se avesse lasciato il paese non avrebbe potuto piú farne ritorno.

La vicenda si articola in diciotto quadri scandita talvolta da musiche del luogo, talvolta da rock assordante e gli argomenti affrontati volta per volta sono annunciati da titoli che appaiono sul fondo della scena su cui vengono proiettati filmati e foto originali del periodo. La scena si svolge all’interno di una casa birmana spoglia, quasi sempre vuota dove il silenzio é rotto solo dal rumore dei pensieri, dei ricordi, di un geco che diventa compagno della  detenzione di Aung San Suu Kyi e dai Nat, i fantasmi della sua infanzia che ora da adulta non le fanno piú paura. E poi le pile di libri con i racconti e le parole di chi ha vissuto prima e che ha giá compiuto rivoluzioni da cui trarre spunto, compagni di crescita interiore. E proprio sulle pile di libri Suu salirá con in mano la foto del padre nella scena finale, quella della sua liberazione, dove passato e presente si fondono per creare un essere nuovo.
Ermanna Montanari presta il suo corpo, le movenze la voce alla sua Aung San Suu Kyi e il risultato é sorprendente quasi quanto la somiglianza. Da ogni singolo movimento e da ogni singola parola traspare una grandissima forza interiore che ben si adatta alla storia che sta raccontando.
Importante nel lavoro anche il ruolo del coro, due uomini (Roberto Magnani  e Massimiliano Rassu) e una donna (Alice Protto) che interrompono il racconto commentando o inserendosi per narrare a loro volta qualcosa della vita della protagonista chiedendosi se è il caso si dire ció che sanno. Due ore di spettacolo intense, dove le emozioni sono palpabili e che fanno pensare agli spettatori che la Birmania non sia poi così lontana.
Maria Teresa Ruotolo

About Maria Teresa Ruotolo

Nata a Udine nel 1970 vive a Grado. Giornalista Pubblicista dal 2004; Laurea in Scienze Politiche indirizzo politico sociale collaborazione varie: con il Consorzio Agenti Immobiliari per la redazione dell’editoriale di Corriere Casa Nord Est; con Gruppo Sirio per la redazione di articoli pubblicati sul periodico Business Point e altre varie collaborazioni per la redazione di articoli di attualità e politica.

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