Nei giorni scorsi ho avuto la fortuna di poter ammirare da vicino uno degli svariati colori di cui si compone l’arcobaleno che rappresenta il nostro paese, Modena. La città emiliana è molto spesso messa in un ruolo di secondo piano rispetto ad altre mete maggiormente turistiche e frequentate della nostra Terra, ma perdendosi fra le vie del centro storico vi si può constatare che non ha nulla da invidiare a luoghi ben più rinomati. La città è ricca inoltre di parchi pubblici che delimitano il borgo antico dominato dalla torre del duomo, la così detta “Ghirlandina”. Quest’ultima, molto suggestiva fa da cornice allo splendido duomo, capolavoro dell’arte romanica medievale, diviso in 3 navate ricoperte di numerosi affreschi. Visitata la parte superiore ,come in un sogno si può entrare nella cripta; una meravigliosa sala sormontata da colonne in stile dorico e con grandi affreschi sia nel colonnato che sulle pareti e il sarcofago di San Geminiano,santo patrono della città. Era il periodo in cui Modena era un fiorente libero comune nel contesto dell’epoca; ma probabilmente, facendo un passo all’indietro nella storia, nella parte sottostante il duomo sorgeva un precedente abitato anch’esso non meno importante in quanto avamposto militare: l’etrusca e poi romana Mutina. Essa decadette dopo la guerra fra Bizantini e Ostrogoti (infatti nei pressi dell’abitato vi fu una delle tante battaglie fra il generale ostrogoto Totila e lo stratega bizantino Narsete) per poi conoscere una ripresa grazie all’istituzione del principato vescovile trasformato successivamente in libero comune. Quest’ultimo aveva raggiunto un apice di magnificenza rivaleggiando con le più potenti Bologna e Ferrara consegnandosi alla fine a quest’ultima- capitale del ducato d’Este- ; ruolo che la stessa Modena usurpò a Ferrara nel 1558, passata quest’ultima sotto lo stato pontificio. Continuando a passeggiare per le vie urbane si può scorgere la chiesa di S. Francesco in stile tardo romanico, e subito dopo si è piacevolmente persi nella “selva” di porticati che si possono scorgere dovunque in città. I portici sono pieni di bar e trattorie dove fra un tortellone di zucca o di carne, o tagliatelle saltate in padella e aceto balsamico o la tipica “culaccia” locale, vi si passa allegramente il tempo anche con un bicchierino di lambrusco. Sontuoso, fra il dedalo delle vie cittadine e i portici, appare in tutta la sua grandezza Palazzo Ducale; sede dei duchi d’Este, diventando in seguito Asburgo d’Este in seguito al legame di parentela con la potente famiglia austriaca. La reggia, edificata in pieno XVI secolo è completamente in stile barocco con numerosi fregi sulla facciata e altrettante statue di aquile (simbolo di casa Asburgo) poste al primo piano. Col passare del tempo La famiglia Asburgo d’Este non voleva affatto cedere il proprio ducato, subendo come in tutta l’Italia l’occupazione degli eserciti napoleonici. Siamo nel 1820, in pieno periodo risorgimentale, quando il carbonaro Ciro Menotti cercò di rovesciare la “tirannia” del duca finendo in poco tempo in prigione. Nel 1859 dopo che il Capo del Governo piemontese Camillo Benso Conte di Cavour aveva risolto più o meno “all’Italiana” con Francesi e Austriaci e qualche spedizione militare, il problema dell’unificazione Nazionale, il duca Francesco II scappò e Modena era oramai nel Regno d’Italia. Qualcuno potrebbe pensare che con la perdita dello status di città capitale Modena si sarebbe ridotta al rango di una cittadina di provincia, invece veri e propri geni come Lamborghini, Maserati e soprattutto l’intramontabile Enzo Ferrari, grazie al loro spiccato ingegno realizzarono le automobili con i motori più potenti dell’epoca, e anche di oggi, partendo da semplici meccanici di bottega.
Quindi la città da capitale era diventata un grosso centro industriale automobilistico, invece nella provincia si sviluppava l’industria della ceramica attirando lavoratori da altre zone d’Italia. Venne la seconda Guerra Mondiale e la zona in questione fu molto interessata, in quanto tanti soldati sbandati dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 si unirono a bande partigiane, trasformando il modenese in uno dei luoghi più attivi della Resistenza Italiana fondando anche repubbliche partigiane autonome come quella di Serramazzoni, sull’Appennino. A Fossoli di Carpi, a circa 15 km dalla città fu creato dagli occupanti nazisti, il campo di smistamento per ebrei e partigiani in direzione Auschwitz, fra i quali si annovera il nome del chimico e scrittore torinese Primo Levi. Semplici ,ma coraggiosi contadini, nello stesso periodo a Nonantola ,sempre a pochi km dal capoluogo Modenese, nascosero dal 1942 al 1945 più di 1000 bambini ebrei tedeschi, austriaci e polacchi, inviati poi in Palestina. Nel dopoguerra la Ricostruzione ha aiutato lentamente e non senza contrasti sociali ,in parte ereditati dalla guerra, il capoluogo Emiliano a riprendere il suo ruolo di importante centro industriale e culturale essendo dotata di una grande università, e anche per merito del concittadino, il grande tenore Luciano Pavarotti. Purtroppo circa 3 anni fa la Provincia fu interessata da un forte terremoto, in un momento già non bello a causa della Crisi Economica Mondiale; ma il carattere forte dei modenesi e la voglia di non disperdere le tradizioni fa sì che la città rimanga un importante pezzo di un puzzle che compone la Nostra Grande e Bella Italia.
Andrea Forliano