Un reportage fotografico su una pesca antica e tradizionale in Adriatico: quelle effettuata con le lampare e con la saccaleva. Un percorso fotografico per riflettere sul lavoro umano, sull’ecosistema marino e sulla sostenibilità del suo sfruttamento. Concetti importanti dietro il semplice gesto di acquistare un pesce,
consumarlo in un ristorante o ammirarlo in un Aquario o in un Museo.
Ervin Skalamera nasce a Fiume. Da ragazzo trascorre le sue estati a Moscenicka Draga, un piccolo paese sulla costa croata. E lì, guardando e aiutando i pescatori, impara ad apprezzare il loro lavoro ed il loro impegno. Il suo obiettivo, cogliendo attimi di intensa poesia, diventa testimone silenzioso di una delle attività quarnerine più antiche di cui, forse, un giorno rimarrà solo il ricordo nei racconti degli anziani pescatori. Ervin inizia a fotografare nei primi anni ottanta realizzando numerosi reportage etno – geografici e paesaggistici. Le sue foto sono state premiate in concorsi fotografici nazionali ed internazionali.
Di seguito, la prefazione alla mostra del biologo della pesca, dott. Federico Grim:
“Secondo molti la globalizzazione dei mercati è fautrice di una rivoluzione nel rapporto tra l’essere umano ed il cibo, con l’arrivo negli scaffali di specie e varietà sino ad oggi sconosciute o di specie note, ma in stagioni impreviste. Molto sarebbe da discutere sulla convenienza di tale cambiamento delle nostre tavole: la scienza ci insegna che a 500 anni dal loro arrivo in Europa la reale digeribilità dei colorati frutti portati qui dalle americhe grazie a Colombo è ancora molto bassa. Ma lo shock maggiore è a livello culturale: la perdita di conoscenza delle stagionalità dei cibi e delle conseguenti pietanze che scandivano come un calendario mai scritto il passare dei mesi, rappresenta la cancellazione di istinti atavici, precedenti all’invenzione della scrittura. Per fortuna esistono ancora cibi che sfuggono alla grande distribuzione ed ai suoi tempi: fra questi c’è il pesce cosiddetto “azzurro”: piccoli individui argentati, che mantengono i loro profumi e sapori fantastici per poche ore e, quindi, risultano poco adatti all’immagazzinamento, smistamento e distribuzione tipici dei grandi centri commerciali: resistono perciò nelle piccole pescherie rionali e la loro presenza o la loro assenza è indice anche del fatto che nelle ultime 48 ore non c’era nel nord Adriatico bora forte o libecciate o tanto scirocco: la quiete del mare ha permesso ai pescatori di calare le saccaleve, accendendo le lampare e attendendo con fiducia che il pesce si radunasse sotto la propria barca, per poi salpare le reti all’alba ed imboccare la via del mercato. Molti però ancora oggi non sanno distinguere tra pesce pescato attivamente con la “volante” o passivamente con la “saccaleva”, se non dalla differenza di prezzo che la stessa specie può presentare dal pescivendolo. Lo splendido lavoro di Ervin Skalamera fa conoscere questa tecnica di pesca, con fotografie che grazie alle nuove tecnologie riescono a far comprendere i colori della notte, fino a prima sconosciuti, e scandiscono passo per passo il lavoro dell’equipaggio di queste
particolari barche. Gli scenari provengono dal vicino Quarnero e mostrano anche quanto i confini che le nazioni imponevano ai propri cittadini non venissero compresi nè dai pesci dei nostri mari, nè dai pescatori che li rincorrevano, parlando da secoli sempre la stessa lingua”