Entra nel vivo domani, venerdì 19 giugno, la 31^ edizione del Premio Hemingway, in programma fino a sabato 20 giugno a Lignano Sabbiadoro. Dopo la giornata d’esordio con l’incontro affidato a Corrado Augias, Premio Letteratura 2015, nella giornata centrale del Premio sono previsti gli incontri con il grande sociologo Richard Sennett, Premio Hemingway 2015 per la sezione “Avventura del pensiero”, e con lo scrittore William Dalrymple, vincitore nella sezione Reportage. Dalrymple incontrerà il pubblico del Premio Hemingway domani alle 18.30 al Kursaal, in dialogo con lo scrittore Gian Mario Villalta, e per l’occasione presenterà in prima nazionale il nuovo libro, Il ritorno di un re (Adelphi 2015). Nella migliore tradizione del reportage anglosassone, che va da Byron a Chatwin, William Dalrymple ha saputo descrivere le persone e gli ambienti incontrati nei suoi viaggi se non nell’unico modo possibile, in quello sicuramente più efficace: calandosi nella fragilità umana, nella vita quotidiana, nelle convinzioni incrollabili. Fino ad ascoltare – e restituire – la voce inconfondibile di una diversa cultura. “Il ritorno di un re” parte dal 1839, quando un’armata britannica di quasi ventimila uomini invase l’Afghanistan per insediare sul trono del paese un sovrano fantoccio, Shah Shuja, e contrastare così la temuta espansione russa in Asia Centrale: è l’inizio del Grande Gioco, la sanguinosa partita a scacchi tra potenze coloniali europee per il controllo della regione, immortalata da Kipling in Kim. Ma è anche il primo fallimentare coinvolgimento militare dell’Occidente in Afghanistan. Meno di tre anni dopo, il jihad delle tribù afghane guidate dal re spodestato, Dost Mohammad, costringe gli inglesi a una caotica ritirata invernale attraverso i gelidi passi dell’Hindu Kush. Soltanto una manciata di uomini e donne sopravvivrà al freddo, alla fame, e ai micidiali jezail afghani. L’impero più potente al mondo era stato umiliato. Attingendo a fonti storiche in persiano, russo e urdu sino a oggi sconosciute – compresa l’autobiografia di Shah Shuja, la cui tragica figura rappresenta il vero fulcro del libro – nonché ai diari e alle lettere dei protagonisti inglesi dell’invasione, Dalrymple racconta una vicenda insieme drammatica e farsesca, popolata di personaggi affascinanti e crudeli, incompetenti e geniali, eroici e boriosi. E la racconta in maniera trascinante, senza tuttavia farci mai dimenticare quanto quegli eventi – le antiche rivalità tribali sullo sfondo di territori inaccessibili e inospitali, gli errori strategici che portarono al massacro dell’armata britannica – risuonino, ancora oggi, come un monito.