“Il paese dei coppoloni” e altre storie di viandanza
Narrazioni – Lunatico Festival –Parco di San giovanni – TRIESTE
Il cantautore, polistrumentista e scrittore Vinicio Capossela racconta Il paese dei coppoloni; “Un libro che racconta , un mondo immaginifico”… e lo racconta, lo spiega e ne discute assieme all’amico autore e giornalista Paolo Rumiz anch’egli un esperto di storie di viandanza, di liriche in cammino. L’incontro è per tutti quelli che hanno voglia di ascoltare la storia di questo romanzo difficilmente classificabile, romanzo cantato (o incantato), poema in prosa, che non si stanca di farsi accompagnare dalla lirica per le 348 pagine di cui è composto. Intervenite mercoledì 29 luglio alle 21 nell’ambito della manifestazione del Lunatico festival al Parco di San Giovanni.
Il libro:
Tutto era materia. Lo spirito scappava. Da dove venite? A chi appartenete? Cosa andate cercando? Così si chiede il viandante narratore nella terra dei padri. Il viandante procede con il passo dell’indiziato, lo sguardo affilato, la memoria popolata si storie. E le storie gli vengono incontro nelle vesti di figure, ciascuna portatrice di destino che hanno il compito di ispirati accompagnatori.
Luoghi e personaggi suonano, con i loro stortinomi, immobili e mitici immersi in un paesaggio umano e geografico che mescola il noto e l’ignoto. Scatozza domatore di camion, Mandarino pascitore di uomini, la Totara, Cazzariegghio, Pacchi Pacchi, Testadiuccello, Camoia, la Marescialla: ciascuno ragguaglia il viandante, ciascuno lo mette in guardia, ciascuno sembra custode di una verità che tanto più ci riguarda, quanto più è fuori dalla Storia. Il viandante deve misurarsi, insieme al lettore, con un patrimonio di saggezza, che sembra aver abbandonato tutti quanti si muovono per sentieri e strade, sotto la luna, nella luce del meriggio, accompagnati dall’abbaiare dei cani.
E poi ci sono la musica e i musicanti. La musica da sposalizio, da canto a sonetto, la musica per uccidere il porco, la musica da ballo per cadere “sponzati come baccalà”, la musica da serenata, il lamento funebre, la musica rurale, da resa dei conti.
Vinicio Capossela ha scritto un’opera in cui la realtà è visibile solo dietro il velo deformante di un segno grandioso, epico, dell’umana esistenza, di un passato che torna a popolare di misteri e splendori l’opacità del nostro caos.