Il passaggio di una società da “paese di temporali e primule” a petrolio” sta tutto nella performance di Ricci/Forte. È “La ramificazione del pidocchio” in scena nella sala piccola del Teatro San Giorgio di Udine fino al 22 dicembre per Viva Pasolini, il progetto di produzione del CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia.
La porta si apre e i performers sono già lì in piedi in tenuta da tennis e mimano al rallentatore i movimenti di una partita, con un pettine in mano che fa da racchetta. Il ritmo è scandito dal rumore talvolta assordante dei “colpi” di pettine, mentre il pubblico entra subito nel match: gli spettatori vengono accompagnati, per mano, da uno degli autori al posto assegnato lungo il muro della stanza. Bianco e nero sono i colori predominanti della pièce: bianche le divise dei performer, dalle magliette ai gonnellini alle scarpe da ginnastica, bianche le luci al neon che illuminano la stanza nera, dal soffitto al pavimento, bianco il colore dei gessi utilizzati dagli attori per disegnare sulle pareti nere che diventano improvvisate lavagne. Pareti a cui stanno appoggiati gli spettatori, anche loro in piedi.
Non ci sono distanze tra gli attori e il pubblico, palcoscenico e platea sono un tutt’uno e gli spettatori si rendono conto da subito di essere essi stessi parte della pièce. Le luci restano accese, tutto avviene a pochi centimetri e la tensione di sguardi e movimenti insistenti è palpabile. Man mano che i minuti passano un sentimento di inquietudine, smarrimento pervade il pubblico. Il passaggio dalla vita spensierata con i balli sulla musica di Mina e i giochi tra maschi e femmine fino all’omologazione e all’annullamento di una coscienza personale è inesorabile. Omologazione desiderata da chi si è macchiato del sangue di stragi avvenute durante eventi sportivi. Omologazione che vuole annullare tutte le differenze, di età, di genere, di pensiero, rappresentata da Ricci/Forte con quel rossetto rosso sangue che sporcando i visi rende ancor più grotteschi i movimenti dei performer che si dimenano sul pavimento.
All’improvviso la partita finisce. Gli spettatori sono accompagnati fuori, uno ad uno così come erano stati fatti entrare mentre gli attori si riposizionano nella stessa figura che aveva dato inizio alla performance, pronti a ricominciare un nuovo match per la ventina di fortunati spettatori che entrerà a breve, in una sorta di percorso ripetuto e circolare, senza un inizio, senza una fine. Uscendo, qualcuno si trova in mano una pallina, non da tennis, quasi una perla, come un seme da conservare e proteggere per far rinascere qualcosa di buono. Ricci/Forte sorprendono, ancora. Sempre.
Maria Teresa Ruotolo