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I RUSTEGHI di Goldoni, regia di Giuseppe Emiliani DAL 17 FEB, AL POLITEAMA ROSSETTI

I RUSTEGHI di Goldoni, regia di Giuseppe Emiliani DAL 17 FEB, AL POLITEAMA ROSSETTI

In soma, se volè viver quieti, se volè star in bona co le muggier, fè da omeni, ma no da salvadeghi, comandè, no tiraneggiè, e amè, se volè esser amai»… È la Siora Felice che parla, nella celebre “renga” finale de I Rusteghi, capolavoro che Carlo Goldoni scrisse nel 1760 e che ritorna sul palcoscenico del Politeama Rossetti nell’allestimento bello e tradizionale firmato da Giuseppe Emiliani e interpretato con imageaccuratezza e intensità dalla compagnia del Teatro Stabile del Veneto.

Lo spettacolo è ospite della Stagione Prosa del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia da mercoledì 17 a domenica 21 febbraio e sarà un appuntamento in cui si intrecceranno in modo gradevolissimo riflessione e divertimento.

Nella celeberrima battuta Siora Felice si rivolge ai protagonisti della commedia: Lunardo, Simon, Canciano e Maurizio. Sono tutti fondamentalmente dei “selvadeghi”: intransigenti, misogini, avari e scorbutici. Ognuno però sviluppa questa sua natura con sfaccettature personali (e assolutamente esilaranti) e in ciò si esprime la meravigliosa capacità di scrittura di Goldoni e il suo grande talento nel comprendere e analizzare caratteri e psicologie dei suoi personaggi.

I “rusteghi”, per l’autore, rappresentano l’involuzione dell’icona originaria e pienamente positiva del borghese veneziano, consapevole, morale, limpido, onesto e avveduto: il Pantalone che aveva retto e vinto in tante opere goldoniane. Nel 1760, invece, l’autore denuncia già – attraverso l’irrisione di questa commedia – un’involuzione della figura di tale pater familias borghese: il cui atteggiamento tirannico e duro è ormai solo un guscio vuoto, che maschera un colpevole smarrimento di valori. I valori di Pantalone sono ridotti a tic, estremismi, esagerazioni, di cui in scena si ride molto, ma sui quali l’autore invitava il pubblico a riflettere.

imageE così, a Venezia, nella casa del mercante Lunardo assistiamo alle schermaglie fra sua figlia Lucietta e la matrigna Margherita: la prima vorrebbe maritarsi pur di non vivere tali contrasti e l’angustia a cui la condanna il padre. Le due donne concordano però nel lamento per le troppe negazioni che infligge loro Lunardo: neanche durante il Carnevale hanno la possibilità di incontrare gente, uscire, comprare qualche nuovo accessorio per il loro abbigliamento… Lunardo le taccia con i soliti rimbotti, e senza metterle a parte di nulla ha già concluso con un rustego par suo, il signor Maurizio, un accordo di nozze della ragazza con il figlio di lui, Filippetto. Peccato che i due non si siano mai visti prima: il giovane si confida con la zia, la signora Marina (moglie del burbero Simon) che si adopera per aiutare i ragazzi e chiede aiuto alla Signora Felice. E quando Lunardo invita a cena Maurizio, Simon e Marina, Cancian e la moglie Felice nell’intento di ufficializzare le nozze, ecco l’occasione per far conoscere gli sposi prima del “si”. Le donne, complice un travestimento, ci riescono e l’amore scocca al primo sguardo… ma un imprevisto porta alla luce il sotterfugio e l’ira dei rusteghi rischia di rovinare tutto. Sarà Siora Felice a ricomporre la situazione rimproverando finalmente i quattro uomini per la loro arroganza e la loro assurda durezza.

imageCiò che non riesce a ottenere Margherita, opponendosi al proprio marito con collera e testardaggine, né Marina – sciocca nel controbattere a Simon – può invece l’astuta Siora Felice, che si rivolge con premura e ragionevolezza al suo Cancian: ecco le sottili armi per non farsi rifiutare nulla, nemmeno da un “rustego”.

«Il gioco mutevole dei personaggi e tra i personaggi è affidato soprattutto al linguaggio, alla grande energia verbale» commenta il regista Giuseppe Emiliani. «Non c’è nei Rusteghi una sola battuta sbagliata. Famosa è “la renga” finale di Siora Felice, quasi portavoce dell’autore: bella, elegante, più ricca delle altre donne per retaggio famigliare, sa parlare con proprietà ed è abile a dominare il marito e i suoi temibili compari. La sua forza sta nel possesso pieno dello strumento della retorica. È lei il personaggio che più strettamente si lega al grande motivo metaforico che percorre la commedia: quella del teatro. È subito avvertibile che alla base della commedia ci sia una sorta di allegra e sicura provocazione del Teatro – per usare i termini notissimi dell’autore – rispetto al Mondo che tende a esorcizzarlo come un rito pericoloso e inutile. Il pubblico, sin dall’inizio, viene coinvolto in questa provocazione: Debotto xe fenio el carneval – osserva Lucietta – gnanca una strazza de comedia no avemo visto. La commedia si avvia quindi come discorso sul teatro. Tra le improvvisazioni di Siora Felice, simbolo esplicito dell’autore in quanto regista della “commedia”, e lo spasso di Riccardo, rappresentante pure esplicito del pubblico sulla scena, si muove l’invenzione sicura del Goldoni. Nei Rusteghi traspare la sua maggiore fiducia nelle capacità del teatro di affermare la propria funzione sociale e civile. Un teatro moderno. Perché in questo universo domestico di rancori e ossessioni, non ci sono alla fine né cordialità né riscatti: solo l’effimera tenerezza della scena nuziale conclusiva. La commozione finale dei quattro rusteghi, occasionalmente sconfitti, non prelude a significativi cambiamenti. Ed è questa la sottile crudeltà sottesa alla commedia. E la sua straordinaria modernità».

Prodotto dal Teatro Stabile del Veneto I Rusteghi di Carlo Goldoni è diretto da Giuseppe Emiliani e interpretato da Alessandro Albertin (Canciano cittadino), Alberto Fasoli (Maurizio cognato di Marina), Piergiorgio Fasolo (Simon mercante), Stefania Felicioli (Felice moglie di Canciano), Cecilia La Monaca (Margarita moglie di Lunardo in seconde nozze), Michele Maccagno (Il conte Riccardo), Maria Grazia Mandruzzato (Marina moglie di Simon), Margherita Mannino (Lucietta figliuola di Lunardo del primo letto), Giancarlo Previati (Lunardo mercante), Francesco Wolf (Felippetto figliulo di Maurizio).

La regia è di Giuseppe Emiliani, la scenografia è una creazione di Federico Cautero, Stefano Nicolao firma i costumi, il disegno luci è di Enrico Berardi, mentre le musiche sono composte da Massimiliano Forza, con gli arrangiamenti di Fabio Valdemarin.
Lo spettacolo è in abbonamento per il cartellone Prosa, da mercoledì 17 febbraio alle ore 20.30. Replica allo stesso orario fino a sabato 20 febbraio, mentre domenica 21 la recita è pomeridiana con inizio alle ore 16.

Per acquistare i posti ancora disponibili o per prenotazioni ci si può rivolgere presso tutti i punti vendita dello Stabile regionale, i consueti circuiti o accedere attraverso il sito www.ilrossetti.it alla vendita on line. Ulteriori informazioni al tel 040-3593511.

About Enrico Liotti

Giornalista Pubblicista dal 1978, pensionato di banca, impegnato nel sociale e nel giornalismo, collabora con riviste Piemontesi e Liguri da decenni.

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