Per quest’ultima serata della settimana dededicata a Erik Satie quest’anno avremo sul palco del Miela Debora Petrina. Un artista a artista a 360 gradi, proviene da una solida preparazione come pianista classica con prime assolute di musica contemporanea in Europa e negli Stati Uniti, per arrivare alla composizione per diversi tipi di ensemble, all’uso personale della voce e della danza.
Il suo particolare modo di riarrangiare canzoni di vario genere l’ha portata a ricomporre un brano di John Cage.
Il risultato è una nuova canzone, dal titolo Roses of the Day, che le Edizioni Peters (NY) hanno pubblicato col doppio nome Cage/Petrina.
La versione che Petrina dà di Only, brano per voce sola di Morton Feldman, è stata inserita da Chris Villars nella sua Morton Feldman Page, punto di riferimento mondiale per quanto riguarda le opere del compositore americano.
Ha suonato a New York, San Francisco, Los Angeles, Seattle, Londra, Berlino, Colonia, Madrid, Strasburgo, Tokio e Osaka oltreché in Italia, e ha collaborato con David Byrne, John Parish, Elliott Sharp, Jherek Bischoff, Mike Sarin, Sylvano Bussotti, Mario Brunello, Gianni Gebbia, Tiziano Scarpa, Paolo Fresu, che è produttore del suo ultimo disco “Roses of the Day”.
Lost Angels è un volo libero e visionario attraverso canzoni che hanno lasciato un’impronta profonda nella storia musicale degli ultimi 60 anni, al di là di ogni barriera di genere.
Dall’avanguardia di Morton Feldman e John Cage ai capolavori di Nick Drake, Nina Simone, Jim Morrison, David Byrne e molti altri, Petrina ricompone suonando fuori e dentro il piano, pizzicando e sfregando le corde o percuotendo la cassa armonica.
Utilizza un laptop via touch controller per produrre loop e vari effetti che danno vita a voci multiple e suoni nascosti e amplificano così il suo viaggio musicale.
Dicono di lei :E’ un disco compatto e dalle sonorità rock che sconfinano nel jazz e nell’elettronica, con testi autobiografici (November 10th, Paper Debris), e brani che pongono un’attenzione particolare sull’incapacità, in una società iperconnessa come la nostra, di parlare al cuore delle cose (I Like, The war you don’t see) sia nelle relazioni quotidiane, sia nel campo dell’informazione. (Fatto Quotidiano 29.4.2016)
Andrea Forliano