Cervo è una folgorazione. Una piramide di storia, architettura e persone che la vivono. Forse proprio queste persone dalla schiva normalità mista all’amore per il luogo dove vivono, rendono Cervo viva e unica. Una vitalità che percorre i caruggi erti, i palazzi storici, gli angoli nascosti e quelli la cui bellezza si palesa come una visione improvvisa. Una vitalità che ha un denominatore comune: la musica.
Musica e Cervo hanno un legame profondo, un legame la cui progenitura si lega dalle bizzarrie del fato che, oltre cinquant’anni orsono, ha impedito al violinista Franco Vallora di partecipare ad una serata benefica alla chiesa di San Giovanni Battista, più nota come “chiesa dei Corallini”. Fu il suo estemporaneo sostituto, Sandor Vegh a subire la folgorazione iconografica, ma soprattutto acustica del sagrato di questa chiesa. Vegh si innamora di Cervo, acquista la casa affacciata sulla piazza come una quinta naturale, vede una skené assoluta, elabora e poi propone al Comune un progetto ambizioso quanto visionario.
Cervo e la cultura si attraggono vicendevolmente; lo sanno i tanti personaggi che discretamente la scelgono come ideale buen retiro. Pietro Citati, Henry Furst e suo moglie Orsola Nemi, Casorati, Campagnoli, Gina Lagorio, sono solo alcuni di questi, ma sarebbe lunghissimo l’elenco di quanti tra artisti, letterati e personaggi della cultura contemporanea hanno frequentato e frequentano il borgo.
Era inevitabile che il Festival Internazionale di Musica da Camera seguisse un percorso di crescita, sviluppo e maturazione. Un’idea brillante e moderna è diventata un progetto strutturato, declinato in mezzo secolo di musica di altissimo livello e che negli ultimi anni si è arricchito ulteriormente con un’incursione jazz. La trasversalità di genere, interpretata da artisti assoluti, intercetta e stimola un confronto tra mondi musicali apparentemente lontani ma irrinunciabili per chi ama la musica.
Oggi il Festival cambia ancora pelle, in un dinamismo connaturato al suo essere e moltiplica gli appuntamenti. In un momento dove arte e cultura subiscono la falcidia congiunturale, Cervo investe quantitativamente e qualitativamente, scommettendo sul presente ma ancor più sul futuro di una rassegna che si rinnova, riconfermando in toto le proprie ambizioni primordiali.