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Sostenibilità urbana: realtà o utopia?

Due personalità a confronto, due interrogativi diversi che sorgono spontanei all’ascolto.
Si può riassumere così il confronto tra l’architetto Benno Albrecht, docente bresciano dello IUAV di Venezia, e Janez Kozelj, vicesindaco e chief architetc, come si è autodefinito lui stesso, della città di Ljubljana, tenutosi in occasione della rassegna di architettura dedicata al Premio Marcello d’Olivo, organizzata dall’associazione Arte&Architettura.
Il filo conduttore del dialogo è stata la sostenibilità urbana, declinata in due forme piuttosto diverse dai due studiosi, che appartengono a due mondi a confronto, quello della teoria, per quanto riguarda il professor Albrecht, e quello della pratica, per quanto riguarda Kozelj. Sebbene queste due sfere si compenetrino spesso, è sicuramente innegabile che, al giorno d’oggi, la ricerca si presenti più come un’ideologia utopistica di ciò che si dovrebbe fare piuttosto che una proposta concreta di ciò che deve essere fatto. In una società in cui il condizionale ha sopraffatto l’indicativo risulta molto difficile credere che sia veramente possibile, come lo è stato a Ljubljana, applicare dei principi ed è proprio su questo che scherzano i due studiosi alla fine della conferenza, ampiamente supportati dal pubblico presente in sala.

Per quanto riguarda i contenuti, si può sintetizzare l’intervento del prof. Albrecht in una carrellata di immagini, spesso tratte da pubblicità, inneggianti alle dure conseguenze del global warming, parola forse ormai abusata ma sicuramente di primaria importanza in un momento storico in cui le catastrofi naturali sono effettivamente all’ordine del giorno.
Lo spunto più interessante dell’intervento dell’architetto è, senza dubbio, quello inerente alla cultura della sostenibilità e alle modalità di sensibilizzazione della popolazione in merito.
Ma in una società in cui la parola cultura è diventata, ai più, sinonimo di noia, in cui, come dice Chomsky, i media puntano a mantenere la gente nell’ignoranza, è veramente possibile trovare una strategia di coinvolgimento delle persone a temi importanti quanto questi?
Difficile, forse. Ed è appunto su questo che ci si dovrebbe concentrare, sulla ricerca di nuove metodologie di mutamento delle condizioni culturali, in un’ottica di promozione della conoscenza o, perlomeno, di interesse verso essa.

Alquanto diversa la presentazione dell’architetto Kozelj che, in un inglese forse non perfetto ma comprensibile, ha delineato quali sono state le linee guida della città nel raggiungimento di un obiettivo di sostenibilità urbana che fosse, da un lato, immediatamente visibile, dall’altro, protraibile anche a lungo termine.
Lo stupore per i grandi successi ottenuti dall’amministrazione in un arco temporale veramente esiguo è stato generale, e c’è chi ha ironizzato che in Italia in così poco tempo non si riesce nemmeno ad avere l’approvazione di un progetto, figurarsi la realizzazione.
Sorge spontanea, quindi, la questione del motivo per cui in due paesi limitrofi come l’Italia e la Slovenia, entrambi appartenenti all’Unione Europea e forti di un passato di commistione di popolazioni e di culture, ci sia un gap così grande da rendere quasi risibile l’idea di poter ottenere gli stessi risultati.
Anche in questo caso l’interrogativo rimane aperto, sebbene si possa sempre richiamare come capro espiatorio l’inefficienza della pubblica amministrazione.
Ma è proprio vero che la colpa risieda esclusivamente lì? Ciò, attualmente, non c’è dato conoscere, ma sicuramente ognuno può farsene una propria opinione in merito.

Elisabetta Paviotti

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