Dopo il concerto nel Duomo di Pordenone, che ha visto affiancati i due cori Polifonico Coro Polifonico Sant’Antonio Abate e London Welsh Chorale di Londra (con un programma di rarissimo in Italia), il progetto Let’s Sing, sostenuto dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Regione in virtù dello scambio culturale e di mutua conoscenza e promozione turistica del territorio friulano in Gran Bretagna, si sposta a Cordenons, dove sposa #magredimusica per una interpretazione del Requiem in Re minore K 626 di Wolfgang Amadeus Mozart nella trascrizione per pianoforte a quattro mani, coro e soli di Carl Czerny, di grande impatto scenico ed emotivo. Sabato 5 novembre alle 20.30 nel Duomo di Cordenons i due cori si uniranno arrivando a contare complessivamente 80 voci, diretti da Monica Malachin. La preparazione dei cori è stata coordinata da entrambi i direttori, Edward-Rhys Harry e Monica Malachin: grazie alla tecnologia, hanno assistito virtualmente alle prove delle reciproche formazioni corali. Voci soliste saranno: Marisa Salgarella, soprano
Chiara Segato, contralto, Federico Lepre, tenore e Pierluigi Manzoni, basso. Pianisti Matteo Andri e Ferdinando Mussutto. A introdurre il concerto, che è a ingresso libero, sarà l’ultima creatura del Polifonico, l’Antoniano dei Piccoli, coro di voci bianche. Circondato da un alone di leggenda e da una vastissima letteratura saggistica e narrativa come nessun’altra composizione musicale al mondo, il Requiem in Re minore K 626 di Wolfgang Amadeus Mozart è uno dei capolavori assoluti della musica di tutti i tempi, alla cui fama ha contribuito la misteriosa figura del committente e la prematura morte dell’autore che ancora non ne aveva concluso la stesura. Fu l’allievo Süssmayer a portare a termine, con discrezione e intelligenza quelli che, per intere sezioni, erano solo abbozzi. Riconosciuto come un capolavoro, nonostante l’incompiutezza , costituisce nella storia della musica una rivoluzione e una conquista dal punto di vista espressivo e tematico. Ricca è la scrittura vocale a quattro parti del coro, con episodi di potente resa timbrica e altri di limpido contrappunto. Particolarmente suggestivi gli interventi dei quattro solisti, che non hanno mai vere e proprie “arie”, bensì pezzi d’assieme che costituiscono quasi un naturale sviluppo della parte corale. Quella di Czerny, allievo di Beethoven e maestro di Liszt, non è una semplice trascrizione bensì una rivisitazione compositiva con molteplici rimandi stilistici all’intimità raccolta di Franz Schubert, alla titanica ampiezza di Beethoven attraverso felici citazioni del virtuosismo, quasi maniacale, di Franz List. La versione è raramente eseguita e di enorme impatto emotivo.