La stagione artistica del Teatro Comunale di Cormons si concluderà sabato 8 aprile, alle 21, con ‘Numero primo – Studio per un nuovo album’ di e con Marco Paolini. «Raccontare storie ambientate nel futuro prossimo – spiega l’interprete – è un esercizio confinato in un genere: la fantascienza. Esiste una tradizione di fantascienza in letteratura e nel cinema ma a teatro non è molto diffusa». Per tagliare la testa al toro conviene subito dire che Numero Primo è un esperimento di fantascienza narrata a teatro, ma che agli autori non piace chiamarla così. Numero Primo è una storia che racconta di un futuro probabile fatto di cose, di bestie e di umani rimescolati insieme come si fa con le carte prima di giocare. Numero Primo è anche il soprannome del protagonista, figlio di Ettore e di madre incerta. Ma anche le cose e le bestie hanno voci e pensieri in questa storia.
Marco Paolini e Gianfranco Bettin, coautori di questo lavoro, sono partiti da alcune domande: Qual è il rapporto di ciascuno di noi con l’evoluzione delle tecnologie? Quanto tempo della nostra vita esse occupano? Quanto ci interessa sapere di loro? Quali domande ci poniamo e quali invece no a proposito del ritmo di adeguamento che ci impongono per stare al loro passo? Quanto sottile è il confine tra intelligenza biologica e intelligenza artificiale? Se c’è una direzione c’è anche una destinazione di tutto questo movimento? Il termine antropocene è stato adottato dalla comunità scientifica per identificare una giovanissima era geologica caratterizzata dall’azione prevalente del fattore umano come causa di trasformazione del pianeta. Apparentemente l’antropocene è governato da un principio difficile da comprendere per il mondo scientifico: la moda. Tutto ciò che non è di moda fatica a sopravvivere, o si estingue: vale per le cose, per gli animali, per le istituzioni,
per le buone idee e per le migliori intenzioni. L’antropocene è la più volubile era geologica mai vista sul pianeta. Le nuove tecnologie sono di moda per definizione, ma spesso invecchiano in fretta generando però nuove attese. E se a cambiare rapidamente non fossero solo le cose e gli scenari intorno a noi, ma noi stessi, un po’ per scelta e un po’ per necessità? E in tal caso verso quale direzione o destinazione? Dovremo forse chiederlo alla moda. Al narratore sulla scena tocca il compito di rendere credibili cose possibili domani, ma che oggi appaiono inverosimili. L’orizzonte temporale immaginato riguarda i prossimi 5000 giorni e solo pensando a quanto il mondo delle cose sia cambiato nei 5000 giorni appena trascorsi risulta quantomeno necessario guardare al futuro con il beneficio del dubbio rispetto a ciò che oggi è ancora inverosimile.
Prevendite ogni venerdì dalle 17 alle 19 e un’ora prima dell’inizio dello spettacolo.