Sara Alzetta, attrice triestina, ha studiato al Piccolo di Milano e all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico e ora porta a Trieste, sua città natale, uno spettacolo crudo, denso e “polifonico” che mette in luce la sua grande bravura. “E’ uno spettacolo di un’ora, c’è una sola attrice, io, e una sedia. Da un paio d’anni replico questo spettacolo. A Palermo l’ho replicato in due diverse stagioni, perché la prima era andata molto bene”.
A Maria Farrar, infanticida rinchiusa in carcere e che per il suo crimine viene uccisa dalle altre detenute, Bertolt Brecht dedica una delle sue poesie più belle, che si conclude dicendo: “Voi, che partorite comode in un letto e il vostro grembo gravido chiamate «benedetto», contro i deboli e i reietti non scagliate l’anatema. Fu grave il suo peccato, ma grande la sua pena. Di grazia, quindi, non vogliate sdegnarvi: ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri”. Manlio Marinelli, giovane autore palermitano di stanza a Torino, apre il racconto che ne fa Brecht reinterpretandolo in senso mediterraneo, barocco. «Io ho riportato la storia in una periferia qualsiasi di una metropoli italiana, ai nostri giorni – racconta Marinelli – ma l’andamento non è descrittivo o narrativo, anzi la chiave è surreale e dalla voce dell’ attrice scaturisce una moltitudine di personaggi”. Maria Farrar diventa così una ragazza del proletariato torinese della prima emigrazione meridionale. Nel suo universo ristretto il prete è veneto, la “più baffuta delle sorelle suore del pio albergo” è meridionale come lei, le appare una Madonna modenese mentre un sorcio le parla in romanesco. Nella sua triste storia incontrerà anche uno psichiatra di Milano e un politico dalla fiera identità padana e diventerà preda dei salotti televisivi. Uno spettacolo divertente e terribile al tempo stesso e una grande prova d’attrice.