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Le candele nell’oscurità

Il 14 aprile la Consulta dei Giovani di Aiello e Joannis ha dato l’opportunità alla cittadinanza aiellese di conoscere la personale esperienza di Giulio Virgili, studente della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Udine, attraverso il racconto della sua opera come volontario dell’AssociazioneSolidarmondo in Africa (Togo), presso le Suore della Provvidenza.

Il Togo è un’ex colonia tedesca e francese situata nell’Africa Occidentale. Indipendente dal 1960 è una democrazia che presenta un fortissimo divario tra la classe dirigente ed il resto dei cittadini.
Per quanto riguarda la cultura, la religione animista è la predominante e insegna la presenza di Dio nella natura, quindi è molto forte nella vita della popolazione che la considera più una cultura, non una religione come la intendono gli occidentali.
Il cristianesimo ha conquistato il proprio spazio, la gente del luogo professa la fede cristiana con musica e allegria.
Si tratta di un Paese nel quale il potere è in mano a pochi e istruzione e sanità sono mal organizzate e mal finanziate. Tale instabilità politica e sociale (ci sono 45 etnie ed ognuno ha la propria lingua) rende molto difficile lo sviluppo rurale e l’autonomia alimentare del Paese.

 

Completata questa breve introduzione presentiamo l’esperienza diretta del volontario.

Cominciamo da dove abbiamo finito, l’agricoltura del Togo, il rapporto con l’alimentazione?
Virgili: L’agricoltura poggia sul granoturco; prodotti per noi semplici e comuni, come il latte, possono essere considerati alla stregua di farmaci. Uno dei problemi più gravi del Togo è l’acqua che nei villaggi è raccolta con l’impluvium nonostante a livello nazionale questo bene fondamentale sia privatizzato e garantito solo per i più abbienti e legati alla classe dominante.

Ci può parlare del progetto a cui a preso parte? Come è entrato?
Riconosco che non ero pronto ad un’esperienza simile. Il desiderio di andare in Africa era dirompente già durante il liceo, prima di iscrivermi a Medicina. Mi sono presentato dalle Suore della Provvidenza e ho detto: “Piacere, voglio andare in Africa”, dopo alcuni incontri di preparazione sono partito.
Il progetto “Dare la vita alla vita” è dedicato alla cura di persone HIV positive. Gli obbiettivi del progetto sono la riduzione della trasmissione materno-fetale del virus HIV, la cura e l’assistenza di questi pazienti. Le Suore della Provvidenza nascono dall’opera di San Luigi Scrosoppi che, poco prima di morire, guarì un malato di AIDS.

Dove lavorava? Quali sono le condizioni delle strutture e dei servizi?
Il Centro Medico Sociale “Luigi Scrosoppi”, creato dalle Suore della Provvidenza, è portato avanti da medici africani, talvolta affiancati da medici volontari italiani ed è strutturato in un centro diurno per i pazienti HIV positivi ed in reparti di degenza per la maternità, la pediatria e per i pazienti terminali. nei reparti di maternità, ostetricia ed alcuni altri. Rispetto alle strutture pubbliche, il Centro Medico Sociale permette la cura dei pazienti, anche gratuitamente, e sia la qualità che l’organizzazione dei servizi è decisamente migliore.

La struttura pubblica è gestita dall’ordine religioso?
Esistono ospedali pubblici ma i finanziamenti sono carenti. La gente viene in ospedale con le garze, gli aghi, i cerotti portati da casa e attende di essere curata. Problema rilevantissimo del Togo è la malaria, specie per i bambini che vengono portati in ospedale e protetti da zanzariere sopra i letti costruite dai genitori. Le strutture private sono gestite da medici locali; esiste l’università ma i giovani vengono formati senza poi trovare sbocchi nel sistema sanitario perché non ci sono le specialità.

Vengono rispettati gli usi delle donne africane nel parto?
Ancora oggi tante donne preferiscono partorire nei villaggi, poche capiscono che igienicamente è consigliabile andare in ospedale e vanno a piedi fino al nosocomio. Le Suore della Provvidenza hanno istituito la maternità per dare un servizio alla madre e al bambino.

Le cliniche private come sono?
Hanno ambulatori, la pulizia è migliore. Nella capitale Lomè si percepisce un’aria di rassegnazione mentre nei villaggi c’è maggiore intraprendenza anche se i mezzi mancano ovunque.

Come viene gestita la prevenzione dell’aids?
Si cercava di parlare alla popolazione, di sensibilizzare la prevenzione necessaria ad evitare il virus HIV.
La donna fa il test per il virus dell’HIV ma l’uomo invece non vuole fare la stessa azione.
Il concetto di morte e malattia è diverso dal nostro, assai più fatalista perché più frequente, rispetto a noi.
Le donne allattano nonostante si debba evitare questa pratica per non trasmettere il virus.
Il problema è chiaramente sia sociale che medico. La migliore soluzione è infatti capire innanzitutto come prevenire l’HIV, avere coscienza della malattia, della terapia e della necessità di assumerla regolarmente.

Cosa ti ha lasciato questa esperienza?
Nonostante gli incontri di preparazione l’esperienza è stata più coinvolgente da un punto di vista emotivo di quanto credessi: è qualcosa di più di un’esperienza professionale. Un frate medico mi disse: “Noi non possiamo scegliere, quindi tra il male ed il peggio scegliamo il male, il bene non è contemplato”.  Mi permetto di aggiungere un’altra citazione, da Confucio: “È meglio accendere una piccola candela che maledire l’oscurità”.

Grazie per la testimonianza a Giulio Virgili, studente di Medicina.

 

© Riproduzione riservata

About Federico Gangi

Pubblicista iscritto all'albo Fvg dall'aprile 2013. Diplomato al liceo classico “J. Stellini”, laureato in Legge alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Trieste. Ideatore della Fedarmax e di Brainery Academy, co-fondatore e promotore del giornale on-line Il Discorso, di cui è direttore editoriale.

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