Debutto in prima assoluta nella Stagione Teatro Contatto 36 del CSS per Easy to Remember, nuova creazione di ricci/forte in scena al Teatro S.Giorgio di Udine 25, 28, 29, 30 novembre ore 21 e 26 novembre ore 19. Sabato 25 novembre alle 18 ricci/forte incontrano il pubblico
La lirica pura di una delle più grandi poetesse russe, Marina Cvetaeva, si incastona nell’universo visionario di ricci/forte: debutta in prima assoluta al Teatro S. Giorgio di Udine, Easy to remember, nuova creazione del duo drammaturgico più incandescente della scena italiana per l’ensemble creato da Stefano Ricci e Gianni Forte. La prima assoluta avviene nel contesto della Stagione di Teatro Contatto 36, un momento culminante dell’intenso triennio di collaborazione artistica di grande sintonia e valore fra ricci/forte e il CSS Teatro stabile di innovazione del FVG. Punto di partenza e accesa ispirazione di questo lavoro sul femminile interpretato da Anna Gualdo e Liliana Laera è la figura della poetessa russa Marina Cvetaeva. La presenza, il corpo e la parola aprono in Easy to remember un varco poetico sulla liberà individuale e le catene collettive proprie della società dei consumi.
Easy to remember è una nuova creazione che vede il suo debutto in prima assoluta a Udine: con la sua presentazione culmina un intenso triennio di collaborazione stabile e di scambio artistico di grande sintonia e valore fra ricci/forte e il CSS Teatro stabile di innovazione del FVG.Punto di partenza e accesa ispirazione di questo lavoro sul femminile interpretato da Anna Gualdo e Liliana Laera è la figura della poetessa russa Marina Cvetaeva. La presenza, il corpo e la parola aprono in Easy to remember un varco poetico sulla liberà individuale e le catene collettive proprie della società dei consumi.
“Prendi una donna fuori dall’ordinario, Marina, abbracciata esclusivamente dal cielo, che cresce isolata afferrandosi alla memoria, come un fatale testamento in bottiglia da affidare alla Storia. Prendi un vecchio immobile. Prendi un piano qualunque di questo immobile. Prendi una stanza del piano. Indicata dal Caso. Alveolo. Cella candida per sussurrare un’asimmetria che fonde insieme scarti esistenziali. Prendi i suoni. Prendi i racconti bisbigliati. Prendi le immagini che vomitano i quotidiani, i social network. Tetris animistici. Vite meno reali della tv satellitare a circuito chiuso. Chiavi per entrare nei vasi comunicanti di un organismo che pulsa di vite disordinate. Pulsa simultaneamente. Mantice-mastice, che imbriglia e incastona una polifonia semiotica che graffia la gola.
Una stanza. Singola. Loculo. Con il suo peso specifico. Inondata di luce. Foderata da lampi radiografici. Scartavetrata dal suono. Agita da presenze, bambole russe che si celano sotto i copriletto intonsi, tra le intersezioni delle maioliche. Rammendare le reti della propria fantasia, quando tutto sembra sciogliersi in un benessere fittizio. Voci femminili sepolte, sovrapposte, infrante, in questo istituto di “apparente” sanità, che sgretolano le ore della propria esistenza, feroci come le graminacee che attecchiscono sul cemento. Singulti. Alterazioni che rimbalzano sottopelle e si unificano sciogliendo i tramezzi di frontiera. Respirando l’aria mossa degli altri respiri. Trasformando l’apnea in un valore aggiunto.
La follia è davvero una malattia o una manifestazione divina, un’espressione di libertà? E come e in nome di chi vengono tracciati gli steccati di quella discutibile libertà?
Un caleidoscopio di porte irreali unito da un corridoio emotivo che impianta link tra una toppa e l’altra verso una dimensione onirica, vivida, iperreale, implacabile: il nostro domani. “
ricci/forte