Anche la teoria polica (come la filosofia) affida al teatro un ruolo politico. William Shakspear sosteneva che il teatro è un palcoscenico dove ognuno deve recitare la sua parte. Che cose è il teatro politico? «Il teatro politico nasce dal teatro di strada e ha una storia molto antica. Un suo antecedente può essere considerata la “commedia dell’arte”. Nel Medioevo si facevano spettacoli in chiesa che venivano poi portati anche fuori, nelle strade. Le funzioni più importanti di questi primi teatri di strada erano il divertimento e il fare da specchio, alle persone, della loro vita quotidiana. Con lo sviluppo della società industriale moderna (film, radio, grammofono, teatro) il teatro di strada ha perso molto della sua importanza originaria. Ma nel 1960 è iniziato un suo revival, quando le persone si sono accorte che poteva servire molto bene per scopi politici. Una delle principali ragioni per le quali funziona è che la strada è il luogo in cui si trova la gente ordinaria: si possono avere contatti diretti e si può portare a fondo il proprio messaggio. Il teatro come oggi è comunemente inteso è frequentato da persone di ceto medio-alto, e non da altre che possono essere raggiunte solo nelle strade.» (Utopieonlus)
Basta vedere il teatro di J.P.Sartre era un teatro politico e filosofico insieme. Ma anche il teatro già dal 1771 con John Wilkies e Samuel Johnson e molti, molti anni dopo con Bertold Brecht abbiamo un teatro politico sociale. “L’uomo moderno poco sa delle leggi che governano la sua vita. Come individuo sociale reagisce per lo più sentimentalmente; ma questa reazione sentimentale è confusa, indeterminata, apparente. Le fonti dei suoi sentimenti e delle sue passioni, così come quelle delle sue cognizioni, sono ostruite e come intorbidate. L’uomo odierno, vivendo in un mondo in rapida trasformazione e trasformandosi rapidamente egli stesso, non ha di questo mondo la benché minima idea in base alla quale gli sia possibile agire con prospettive di successo; le sue concezioni della convivenza umana sono distorte, inesatte, contraddittorie, potremmo dire impraticabili; cioè, con una simile visione del mondo – del mondo umano – davanti agli occhi, l’uomo questo mondo non può dominarlo” (Bertolt Brecht, Scritti teatrali. Volume I, Einaudi 1975)
Lo stesso esiste anche con il rapporto tra filosofia e teatro. Tutta la filosofia dello sguardo di J.P.Sartre esiste nel suo teatro. Lo sguardo altrui mi svela infatti che sono anche natura, ho un fuori. In tal modo scopro di me ciò che peraltro sono: esposto, penetrabile, in un’interfaccia molle, al di qua della quale mi celo oscuro. Questa mia oscurità, che lo sguardo altrui mi svela, mi sfugge. E così – ci dice Sartre – “un po’ come si apprende il proprio pensiero obbiettivamente mediante il linguaggio, nel momento in cui lo si pensa per farlo passare nel linguaggio, la tendenza a sfuggirmi, che mi domina e mi trascina, e che io sono, la leggo in quello sguardo indagatore”, in questo “sentimento d’essere sì ciò che sono, ma altrove, laggiù, per altri” in una “solidificazione… di me stesso che lascia intatte le mie possibilità e le mie strutture… ma che mi spinge improvvisamente in una nuova dimensione d’esistenza: la dimensione del non-rivelato” .
Questa filosofia di Sartre possiamo trovare anche nelle sue opere teatrale. A “porte chiuse” Sartre descrive la situazione dello sguardo “l’enfer, c’est les autres”. Il dramma inizia con il Valletto che introduce in una stanza un uomo chiamato Garcin. Garcin viene raggiunto da due donne Ines e Estelle. La stanza non ha né finestre né specchi e si capisce presto che è un luogo dell’inferno. Garcin è il primo personaggio ad essere presentato. È un brasiliano, che ha disertato durante la Seconda guerra mondiale e tradito ripetutamente la moglie, arrivando a portarsi le amanti a casa e a farsi cucinare da lei la colazione per entrambi. Dalla stanza vede la moglie suicidarsi dopo la sua morte. Inizialmente odia Inès perché ella smaschera la sua codardia e tenta di sedurre Estelle. Mano a mano che il dramma procede, comincia a cercare il perdono di Ines, come se solo la sua assoluzione potesse redimerlo. Inès è il secondo personaggio ad entrare nella stanza. È lesbica e ha sedotto una donna convincendola ad uccidere il marito, che era anche suo cugino. Durante tutto il dramma Inès manipola le opinioni che Estelle e Garcin hanno di sé stessi e degli altri, ed è l’unico personaggio che non nasconde il proprio crimine né permette agli altri di fare altrettanto. Estelle è una donna dell’alta società che ha sposato il marito per denaro e lo ha tradito con un uomo più giovane. La relazione con quest’ultimo porta alla nascita di un figlio, che Estelle uccide annegandolo; la morte del bambino causa il suicidio dell’amante. Nel corso del dramma, Estelle cerca di avvicinarsi a Garcin. Tutto il drama dello squardo esiste nella opera “porte chiuse”. Tutta la fenomenologia della filosofia è qui, cosi nel teatro esiste anche filosofia e politica, psicoanalisi, e storia.
*Apostolos Apostolou
Scrittore e Docente di Filosofia