Al termine dello spettacolo, la compagnia incontra il pubblico
Punto di partenza di Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni è un’immagine forte, tratta dalle pagine iniziali da un romanzo del 2011 dello scrittore greco Petros Markaris, L’esattore.
Siamo nel pieno della crisi economica greca quando, in un semplice e impeccabile appartamento di Atene vengono trovate le salme di quattro donne, pensionate, che si sono tolte volontariamente la vita.
“… Abbiamo capito che siamo di peso allo Stato, ai medici, ai farmacisti e a tutta la società – spiegano in un biglietto – Quindi ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni. Risparmierete sulle nostre pensioni e vivrete meglio?.
I quattro attori che incontreremo non ci racconteranno molto di più di queste quattro persone, ma ci coinvolgono piuttosto in un percorso fatto di domande e questioni che ci riguardano molto da vicino e chiamano in causa le nostre coscienze, la nostra impotenza.”
“Usiamo lo spazio di libertà della scena per scatenare la nostra collera, sanare l’eccesso di positività che ci circonda, i comportamenti
rigidamente politically correct, la commozione facile, il sorriso stereotipato delle relazioni sociali, le ricette per vivere con serenità le ingiustizie che ci toccano.
La decisione di andarsene delle quattro pensionate, in bilico tra la rinuncia esistenziale e l’atto politico, diventa un rifiuto della nostra “società della stanchezza”, come l’ha definita il filosofo Byung–Chul Han. Una società sempre più assertiva e ottimista perché incapace di altro, e oramai dolcemente declinante verso l’impossibilità della dignità della vita. Insieme ci presentiamo al pubblico con una dichiarazione di forte impotenza, che in questo caso e una cruciale impotenza a rappresentare.”