Chiunque frequenti le chiassose piazze di Twitter non avrà potuto fare a meno di notare quanto frequente sia l’hashtag #childrenofsyria, argomento promosso dall’UNICEF, incoraggiato quotidianamente dal suo portavoce italiano Andrea Iacomini, ignorato da molti, troppi.
E’ iniziata così, la guerra in Siria: con un disumano massacro di bambini innocenti ad Homs, una delle città più antiche della Siria e del mondo. 2 sono gli anni di guerra civile, 7.837 è il numero di bambini massacrati dall’inizio del conflitto: 1.930 non avevano compiuto nemmeno dieci anni, 348 di loro erano neonati. Le fonti parlano di esecuzioni sommarie, donne e bambini trucidati e poi carbonizzati, o abbandonati ai margini delle città fantasma, teatri di guerra e disperazione. In Siria sono circa 6 milioni le persone colpite dal conflitto, metà delle quali sono bambini: vittime della follia di una guerra civile di cui il mondo non parla quasi mai. Come se non bastasse l’indifferenza della comunità internazionale, da ieri – 7 maggio – la Siria ha perso ogni contatto col mondo, l’elettricità è stata staccata così come la connessione internet. Il massacro prosegue in un silenzio assordante. Altre 1500 persone sono state sterminate, pochi giorni fa, a Baniyas dall’esercito alawita di Assad, con la collaborazione delle milizie terroristiche di Hezbollah. Gran parte delle vittime sunnite erano donne e bambini, trucidati nelle loro case o mentre cercavano disperatamente la fuga: un’operazione di pulizia etnica in piena regola.
In questo disastro internazionale, mentre Russia e Cina appoggiano il regime rifornendolo di armi, Israele attacca Damasco e Assad si dice pronto a rispondere all’attacco. Quanto oltre si dovrà arrivare prima che si cominci a parlare di crimini contro l’umanità? Quanti altri bambini innocenti dovranno pagare il prezzo della dittatura e della guerra civile? Stiamo assistendo ad uno dei massacri più feroci del nostro tempo, e ciò che sconvolge più di tutto i suburbani mediatici è la pressoché totale indifferenza delle grandi potenze e della comunità internazionale. Forse intervenire in Siria “non conviene”, forse non siamo mai usciti dalla guerra fredda e pensare di intervenire contro il regime di Assad appoggiato dalla Russia non alletta le potenze occidentali. Tutto questo non conta. I giochi di potere, gli interessi internazionali, niente di tutto questo dovrebbe contare quando migliaia di bambini vengono massacrati a sangue freddo. Ecco perché l’impegno dell’UNICEF e dell’UNHCR non deve lasciarci indifferenti: parliamo di generazione del cambiamento ma indignarci e protestare da dietro uno schermo non cambierà alcunché. Appoggiare le iniziative UNICEF non significa fare una scelta politica, significa decidere di stare dalla parte dei bambini di tutto il mondo, oggi in particolare di quelli siriani. Troppe vite sono state stroncate, evitiamone altre. E’ urgente diffondere il messaggio: #childrenofsyria, emergenza Siria. 7.837 piccole vite sono già sulle coscienze di tutti, non c’è più tempo da perdere.
Silvia di Lillo