I primi risultati di un progetto della Fondazione Italiana Fegato
Primi, promettenti risultati per la valenza clinica e prospettica nello studio delle proprietà terapeutiche epatoprotettive di composti naturali. Lo conferma la Fondazione Italiana Fegato di Trieste, illustrando il Progetto Fegato Grasso “ProFeGra”, realizzato con il contributo della Fondazione CRTrieste, rivolto in particolare alle persone obese, soggetti a rischio per lo sviluppo di malattie epatiche croniche.“Poiché nessun trattamento farmacologico è attualmente disponibile – afferma Natalia Rosso, responsabile del Progetto – l’unico trattamento efficace per le complicanze associate al fegato grasso (fra le quali una patologia chiamata NAFLD) è quello di guidare il paziente verso uno stile di vita più sano: dieta personalizzata, attività fisica e terapia cognitivo-comportamentale. Tuttavia, la mancanza di condiscendenza da parte del paziente è il limite principale di questo approccio. La Fondazione Italiana Fegato, dopo aver analizzato gli eventi associati allo sviluppo di steatosi a seguito di un accumulo anomalo di grasso nel fegato nella popolazione a rischio, ha condotto degli studi sulle proprietà terapeutiche di alcuni composti naturali, individuando anche dei biomarcatori non invasivi per la diagnosi precoce degli eventi più gravi associati al fegato grasso, quali la steatoepatite e la fibrosi. Diagnosi che attualmente viene svolta quando la malattia è già nella sua fase irreversibile attraverso una biopsia epatica, tecnica invasiva e non priva di rischi”.
A livello terapeutico, i ricercatori della Fondazione Italiana Fegato hanno testato le proprietà dell’acido triterpenico, un triterpende isolato dalle piante appartenenti alla famiglia delle Rosacea, un composto che ha delle dimostrate proprietà epatoprotettive. Sono inoltre stati testati gli effetti protettivi dell’Acteoside, un fenilpropanoide presente in varie specie di piante Lamiales. Per valutare il loro efficacia è stato verificato il loro potere nei diversi processi coinvolti nel danno epatico.
“Sebbene nessuno dei composti riesca a ridurre l’accumulo di grasso” – specifica Natalia Rosso – “entrambi limitano l’effetto deleterio di detta accumulazione, dimostrando di essere antiossidanti, antiinfiammatori e soprattutto antifibrotici. Questi risultati, se pur preliminari, sono molto promettenti e il loro effetto sarà valutato per conferma in modelli più complessi (in vivo)”.
Per quanto riguarda la diagnosi della fibrosi epatica, tramite studi eseguiti in silico sono stati identificati dei potenziali biomarcatori non invasivi, che sono stati successivamente validati, grazie alla collaborazione con il Dipartimento di chirurgia generale e di anatomia patologica del Ospedale di Cattinara, in un gruppo di soggetti obesi con diversi gradi di steatoepatite. Da queste analisi sono state validate tre proteine plasmatiche (biomarcatori) in grado di predire lo stato del fegato. “Anche questi dati ottenuti finora sono incoraggianti” – conclude Natalia Rosso — “in quanto potrebbero dare un’informazione sullo stato del fegato, anche negli stadi iniziali, tramite un semplice prelievo del sangue”.
Il Progetto Fegato Grasso “ProFeGra” della Fondazione Italiana Fegato è stato pubblicato in giornali scientifici internazionali e divulgato al pubblico in occasione di congressi e, a Trieste, dell’edizione 2021 di Trieste Next.
Federica Zar