9 luglio 1933 – San Francisco. -Caro Max, come vedi scrivo sulla carta da lettere della mia banca. Si è reso necessario perché ho una richiesta da farti e vorrei evitare la nuova censura. Per il momento, dobbiamo smettere di scriverci.-
24 e 25 marzo 2018, sulle tavole del Nuovo Teatro Sanità non si smette di ripensare alla follia della storia occidentale. “Destinatario sconosciuto”, romanzo epistolare scritto nel ‘38 da Kathrine Kressmann Taylor, è oggi ancora attuale per chi cerca di capire cosa sia accaduto alla mente umana negli anni dell’ascesa di Hitler. La performance è diretta ed interpretata da Rosario Tedesco, che insieme al suo compagno di scena Nicola Bortolotti, rappresenta le lettere di due amici e soci in affari. I due attori, in sinergia col Goethe Institut Neapel, rivivono la “banale” dinamica di un popolo vittima di se stesso. Ma Max e Martin non sono davvero soli in scena, infatti ci sembra di vederla Griselle mentre scappa in giardino cercando aiuto dal vecchio socio di famiglia, riuscendo persino a non giudicare il piccolo uomo che ribadisce “per 14 anni abbiamo chinato la testa a tutte le nazioni del mondo”. Tutto sommato sappiamo che, alla fine del primo conflitto mondiale, la Germania fu ritenuta responsabile per essere stata la causa di tutte le perdite e di tutti i danni subiti dagli alleati, e lo spettatore prova quasi indifferenza per un piccolo tedesco che spera di aver trovato il suo destino insieme alla sua patria: “Qui stiamo costruendo una nuova Germania. Presto, sotto la guida del nostro glorioso Fuhrer, mostreremo al mondo grandi cose.”
Questo carteggio stravolge la comoda accusa che silente serpeggia da sempre. Gli ebrei potevano ribellarsi ? “Voi ebrei siete così, vi lamentate ma non siete mai abbastanza audaci da combattere”.
Magnifico il ribaltamento tra i due interpreti, toccante l’ ensemble vocale del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli diretto da Carlo Mormile. In platea la luce è accesa finché la verità è ben visibile, poi il silenzio prende il posto delle parole e in controluce il coro della coscienza incontra l’arte che si fa poesia.
Dal nostro corrispondente Anita Laudando