Il testo è del ’48, la guerra è ormai finita, ma ciò che lo storico Eric J. Hobsbawm definisce come “secolo breve” è nel pieno del suo compimento.
Il dramma dell’esistenza sembra incastrato “in – ludere”. Spopolano, infatti, gli illusionisti, gli artisti dell’ avanspettacolo, per dimenticare le brutture della guerra, direbbe lo storico. Noi che conosciamo, invece, l’amarezza delle “Cantate dei giorni dispari” (Commedie scritte da Eduardo dal 1945), ci lasciamo convincere dalla chiave interpretativa che ci presenta il teatro di varietà come una forma dell’arte di arrangiarsi, che non può essere incollata ad un unico stile artistico o dialettale.
Il testo è dunque in italiano, perché meglio spiega l’universale momento di un secolo che ha sterzato il mondo. Ad essere meta teatrale è proprio la realtà, quella realtà definita “l’era dei grandi cataclismi”.
La sensibilità di Sergio Grifoni e Fuori Scena offrono questo capolavoro, bistrattato dalla critica del tempo, all’interpretazione registica di Vincenzo De Caro.
Finalmente, e ripeto, finalmente, qualcuno ha il coraggio di sganciare Eduardo dalla sua ombra. Il regista, semplicemente, ne mette in scena la drammaturgia. Lo fa senza tentare di emulare nessuno.
Tanto per cominciare siamo a Firenze, il teatro è quello de “Le Laudi”. Andato in scena dal 16 al 24 gennaio 2016, fluorescenze e armonie di Angelo Codolo, Tina Birch Chimenti, Sergio Vannucci, Lorenzo Castagnoli, regalano fisicamente il senso della simbiosi tra inganno e verità.
“Ho bisogno di fiducia da parte del pubblico…io non posso suggestionare se non vi lasciate suggestionare” è Nicola Fornaciari, ad interpretare il ruolo di Otto Marvuglia, prof. di scienze occulte, suggestione e trasmissione del pensiero.
Giovane ed energico, l’ attore ha creato un personaggio meravigliosamente suo. Ogni parola, zampillante di poetica filosofica è vissuta con autenticità. Fornaciari, con umile ironia, recita il ruolo che fu di Eduardo, senza per questo costringerci a far paragoni. L’attore fiorentino sa produrre immagini. La platea è senza dubbio sedotta : “L’umanità intera vi si era tuffata prima di me; mille mani mi respinsero violentemente, facendomi schizzare al punto di partenza. È una goccia di acqua, caro mio. Ha di prodigioso solamente il fatto che non riesce a prosciugarsi, o per lo meno il processo è lento e sfuggevole all’occhio umano. …”
Calogero Di Spelta batte nel cuore di Lorenzo Lombardi, straordinario nell’evoluzione del personaggio, nel farci godere i caratteri tipici delle maschere edoardiane coscienti della propria incoscienza “Allora io penso che ci deve essere un errore, perché se voi mi state trasmettendo queste immagini, per darmi le sensazioni che dovranno portarmi all’esaurimento del giuoco, allora il cameriere non dovevate farmelo vedere. E già, perché fa parte della realtà, non della vostra magia”.Delicato e pregno di stati d’animo vive pienamente l’interiorità di un ruolo portante. Commuove e diverte. Distrae ed emoziona nella sua relazione col mondo
Nel rispetto del testo, il Brigadiere parla siciliano, ed i tempi comici di Muarizio Pistolesi permettono al pubblico un respiro dovuto.
Unico ruolo in vernacolo napoletano è quello di Zaira, interpretata in modo deliziosamente credibile da Serena Politi.
Un po’difficile l’equilibrio della caratterizzazione del cameriere Gennarino (Michele Cimmino), e nessuna nota particolare per Lorenzo Lombardi, Romina Bonciani, Marcello Sbigoli, Patrizia Ficini, Vanni Monsacchi, Marco Bianchini, Deborah Castellucci, Francesco Magnelli e Francesca Palombo, funzionali alla storia che ci è stata raccontata in due ore e mezzo senza mai annoiare. O forse “si è trattato di un semplice giuoco di prestidigitazione”?
“…fu lui a iniziarlo chissà quando. Il fatto poi che io l’abbia messo di fronte all’illusione, fermando per un attimo in forma concreta le immagini mnemoniche della sua coscienza atavica, non comporta responsabilità da parte mia”…
Anita Laudando